Era settembre 2019: poco tempo fa, che – però – non è mai sembrato così tanto.
In molti paesi del mondo le piazze si sono affollate di persone, specie giovani, che protestavano contro la devastazione ambientale. Tutti i media e i governi occidentali hanno puntato l’attenzione su quei giovani. Non erano scienziati né climatologi. Non avevano un programma chiaro né delle richieste specifiche. Erano, soprattutto, indignati per il disprezzo del loro futuro da parte dei potenti.
A me quelle attenzioni sembrarono “curiose”: ma come, erano 20 anni che promuovevo quelle idee, ricevendo se non proprio biasimo, certo emarginazione e perfino compassione. “Poverino, rinunciare alla carne!”, “Tutto inquina e fa male a ‘sto mondo”, “Vai a vivere in una grotta se non ti sta bene!”. Perfino dai Verdi, ero uscito, lamentando che non avessero realmente a cuore la tutela dell’ambiente, ma soltanto del “loro” ambiente: chè, diversamente, non si sarebbero spiegate le crociate per salvaguardare il parchetto sotto casa, condotte fumando sigarette e mangiando carni e formaggi in quantità industriale. I miei libri sull’argomento non avevano mai ricevuto alcuna particolare attenzione. Quando ne parlavo in tv o in radio o erano trasmissioni praticamente senza ascoltatori, rese possibili soltanto dall’idealismo dei produttori, o venivo zittito, o direttamente escluso. Ma non soltanto io, sia chiaro: tutti quelli che avevano portato avanti simili discorsi erano stati “silurati”, zittiti o ignorati. Come un muro di gomma: tu cerchi di gridare, ma le tue verità vengono assorbite e silenziate da una parete che ti separa dal grande pubblico.
Io e tutti gli altri “emarginati” eravamo accomunati da una cosa: voler diffondere informazioni senza alcun profitto. E, così, di solito anche quelli che ci davano spazio non ne percepivano alcun vantaggio monetizzabile. Una volta, era il 2016, avrei dovuto parlare di alimentazione vegana e diritti in una trasmissione in onda su La7: tra i miei contraddittori, una parlamentare che non conosceva neppure la differenza tra vegano e vegetariano, e la “scoprì” in una pausa pubblicitaria sul suo tablet. Però pontificava in materia, e (già ai tempi!) cercava di coinvolgermi in un’approvazione ideologica dei vaccini. Il che è buffo: se sei contrario ai vaccini, senza avere il titolo di virologo, sei un cretino presuntuoso, mentre per promuoverli non occorre nessun titolo. Il che è alquanto paradossale: io sono nato e cresciuto in un mondo in cui mi sentivo dire che prima di prendere qualsiasi medicinale fosse necessario rivolgersi a un medico, e ho visto sanzionare persone per aver suggerito di prendere integratori alimentari, senza avere lauree in medicina. Magicamente, però, oggigiorno chiunque può essere in regola e lodevole “prescrivendo” al mondo intero farmaci mai sperimentati prima, che già a definirli “vaccini” si commette una improprietà di linguaggio.
Ma torniamo al titolo: settembre 2019, giovani in piazza per l’ambiente e televisioni sature di immagini.
Marzo 2021, protesta coordinata in tutto il mondo contro la dittatura sanitaria. SILENZIO.
Centinaia di migliaia di persone nelle vie dei principali paesi europei. SILENZIO.
Perché non dirlo? Perché la gente inizierebbe a farsi domande, e a capire che non siamo governati da persone che tutelano i propri cittadini, bensì i propri interessi.
Eccolo, il muro di gomma. Lo stesso che ha visto infrangersi le grida mie e dei miei “colleghi”. Quello che, magicamente, appare e scompare: per la ragazzina svedese scompare, per gli scienziati vegani appare. E, ancora, scompare per l’ultimo dei calciatori che va a dire di vaccinarsi, e compare per i medici nutrizionisti vegani che dicono che la carne fa male alla salute. Oggi il muro di gomma è diventato una cupola. Una vera e propria cupola mafiosa che avvolge e silenzia con ogni mezzo qualunque voce dissenziente. Sì, perché si può credere a tutto: perfino che i media silenzino le voci critiche in tema di salute per proteggere i cittadini da se stessi (!). Ma quando in un’intera nazione non c’è un canale televisivo o un giornale affermato che parli di proteste di piazza in tutto il mondo… be’, allora non esiste scusa che tenga. È la prova che la dittatura non sta per arrivare, ma c’è già. È qui.
Molti di noi si affannano per cercare di condividere dati, notizie, informazioni e pensieri. Tra l’altro, sempre più limitati dai vari Google, Amazon, Facebook, Whatsapp (a proposito: vi è già capitato di aver provato a inviare a qualche contatto su Whatsapp un video critico contro i vaccini e vedervi rispondere “non è possibile condividere questo video, prova con un altro”?), etc.
Uno dei motivi per i quali certe informazioni non vengono veicolate è che ce ne sono addirittura troppe. Ho, allora, una proposta concreta, da rivolgere a chi mi legge: anziché essere individui, provate a fare squadra. Scegliete 9 amici, formando così un gruppo di 10 persone: ogni giorno, o una volta a settimana, il gruppo sceglie un video o un articolo da condividere su tutti i propri canali e con ogni mezzo. Ciascun membro del gruppo condividerà solo quel contenuto, e chiederà ad altri 10 contatti di fare lo stesso: è un po’ il “gioco” che usava Berlusconi ai tempi in cui non gli era concesso avere un’emittente nazionale (e ora capiamo il motivo di quella regola che concedeva solo ai canali pubblici quel potere), cioè avere tanti ripetitori in ogni parte d’Italia, che trasmettevano all’unisono, dando l’impressione di essere uno solo, in grado di raggiungere tutti.