
Mass media, dice il vocabolario, significa “mezzi (di comunicazione) di massa”. Dice il vocabolario. Eppure il contenuto di quella parentesi proprio non si trova da nessuna parte, per quanto si cerchi tra “mass” e “media”. Insomma, è un’aggiunta. Un’aggiunta che, però, trasforma l’espressione originaria.
In greco μετά (metà), in latino medium, è ciò che sta nel mezzo, quindi fa da tramite (come i sensitivi che fanno da ponte tra qui e l’aldilà). Interpretare l’espressione mass media come “mezzi di comunicazione di massa” significa alterarne il significato reale in modo sostanziale: da ciò che “si frappone” a ciò che “serve”. La sfumatura che trasforma un “tramite” in un “mezzo” sembra lieve e invece è greve: le parole servono a determinare la nostra percezione. Un conto è pensare alla stampa e televisione come degli “strumenti per comunicare”, mentre tutt’altro è pensarli come “ciò che si frappone tra le informazioni e la loro percezione da parte del pubblico”.
Quello che vediamo e conosciamo direttamente ci permette di elaborare opinioni autonome, cioè basate sui fatti. Allorchè interviene un tramite, le cose si complicano: qualcuno conosce, rielabora, e riferisce. La rielaborazione è inevitabile e fatale: da ciò che cogliamo, che dipende dalle nostre esperienze, capacità e perfino opinioni, a come lo riportiamo agli altri. Questo il portato fisiologico. Poi c’è quello deliberato: la manipolazione consapevole delle informazioni. Chiunque abbia interessi economici, politici, o, in generale, a esercitare un qualsiasi tipo di potere o controllo, non può che essere interessato a manipolare le informazioni, il che vuol dire manipolare le persone. Del resto, per avere accesso a stampa e televisione esistono attualmente soltanto due metodi: o esercitare un potere politico (media pubblici), oppure disporre di ingenti risorse economiche (media privati).
Quello esercitato dai “tramiti di massa” è il primo e più subdolo tipo di controllo, poichè non si presenta come tale, ma tale è. Ciò significa che i controllati non si rendono neppure conto di esserlo. Pensano, al contrario, che aumentando la propria esposizione a quel tipo di comunicazione aumenteranno la propria consapevolezza.
Un secolo fa, nel 1922, esisteva la stampa. Proprio quell’anno nascevano le prime radio qua e là per il mondo (per esempio la BBC in Inghilterra). A tanto si limitavano le “intermediazioni” significative nella vita delle persone.
Un secolo dopo un cittadino occidentale medio non può (o non dovrebbe) funzionare senza l’intermediazione di qualcuno che gli fornisce… accesso a Internet, elettricità per alimentare i suoi strumenti di comunicazione, una casella di posta elettronica, dei canali sociali telematici, un telefono “smart”, una carta di credito, un conto in banca, un’automobile, un’assicurazione, una patente, dei soldi per comprare la casa, entrate fisse per pagare tutto quanto sopra e mantenerlo, beni essenziali, cibo e acqua, un gran numero di beni accessori, spesso non durevoli o continuamente soggetti a ricambio.
Fra brevissimo le auto dovranno essere elettriche, quindi collegate a reti digitali e necessitanti il collegamento a erogatori di energia a loro volta digitali e connessi. Nel frattempo anche le scatole nere con GPS saranno a breve obbligatorie in ogni veicolo.
Ogni gradino che ci separa dall’autonomia, portandoci verso la mediazione, è un passo in più anche verso il controllo: allorchè dobbiamo rivolgerci ad altri per soddisfare le nostre necessità, siamo dipendenti da essi. Man mano che le sovrastrutture e i mediatori si affermano in un numero sempre maggiore di aspetti delle nostre vite, l’esercizio delle scelte individuali risulta sempre più pregiudicato dalla volontà altrui. Allo stesso modo, mentre pochi acquisiscono il controllo di molti (o tutti) quei mezzi, questi diventano anche i padroni delle persone che da quelli dipendono. Se, poi, il controllo è esercitato attraverso (o con la complicità) dei mass media, è probabile che non venga neppure percepito, poichè questi potranno ad arte diffondere paura, desiderio, accettazione, rassegnazione, etc. Il fenomeno è talmente noto che in tutto il mondo da alcuni decenni è divenuto uno dei mestieri più fruttuosi: il marketing. Cioè l’arte di far credere a qualcuno di dar sfogo a un proprio desiderio, mentre invece sta semplicemente reagendo a uno stimolo indotto.
Che si tratti di vendere una bibita, un’automobile o un “vaccino”, poco cambia.
Nel 1922 gli amici li frequentavi di persona, assieme ai famigliari, e con loro parlavi dei tuoi pensieri. Oggi le persone le contatti attraverso una piattaforma tecnologica (guarda caso, quella più famosa ha ora scelto il nome “meta”), che ti censura a proprio insindacabile giudizio. E tutto quello che scrivi lo legge (o lo può leggere) qualcun altro.
E se domani staccassero la spina? Senza Internet, smartphone, la carta di credito bloccata, l’auto bloccata (da remoto), a quel punto ti rendi conto che da solo puoi soltanto… morire. Altrimenti? Obbedire. Quindi, sopravvivere (da prigioniero).