VITE AUTOMATICHE

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Automatico: di macchina, meccanismo o dispositivo che, regolato opportunamente, è capace di compiere determinate operazioni o lavorazioni, per lo più ripetute in serie” (fonte: Vocabolario Treccani).

Da quando veniamo a questo mondo, a quando ne usciamo, abbiamo due principali alternative: agire o essere agiti. Cioè, essere padroni delle nostre scelte, oppure no. Ma esserlo presuppone avere consapevolezza di sé, cioè farsi domande e trovare risposte, o, perlomeno, cercarle.

Vivere con il pilota automatico è più confortevole, semplice, espone a meno complicazioni e complessità, e soprattutto consente di sentirsi parte di un gruppo, anziché esserne emarginati.

Ma tu che leggi, piloti o viaggi con il pilota automatico? Proviamo a capirlo:

–        vivi dove sei nato o hai scelto un posto differente?

–        fai il lavoro che ti hanno tramandato o uno che hai scelto?

–     lavori perché è necessario o perché ritieni che ciò che fai abbia un valore?

–        mangi come ti hanno insegnato o hai deciso dopo aver valutato tutte le alternative?

–        pensi di sposarti o ti sei sposato per genuina vocazione o perché così si usa?

–          indossi vestiti per tua scelta o per abitudine indotta?

–        vai a fare la spesa al supermercato perché non vedi alternative, o hai provato a produrre il tuo stesso cibo?

–        qualcuna delle tue paure nasce dalle notizie che leggi sui giornali o che vedi in televisione?

–       bevi il caffè perché hai visto altri farlo o perché hai avvertito un bisogno innato?

–        segui la stessa religione a cui ti hanno educato? O un’altra? O nessuna?

–        hai scelto di vivere in una casa di cemento liberamente, o perché così si fa?

–       pensi che il prezzo di acquisto della tua casa e il mutuo ventennale siano una cosa normale?

–        ti consideri ecologico perché comperi bottiglie in plastica che poi getti nella raccolta differenziata perché vedi i tuoi vicini fare altrettanto, o poiché ritieni che non esistano alternative?

–        credi che vietare a una donna di mostrare il volto la discrimini, mentre vietarle di mostrare il petto non sia discriminatorio?

–      credi che gli alieni non ci siano perché non l’hanno detto alla televisione o perché hai visto dare del complottista a chi dice il contrario o dopo aver esaminato le prove e le argomentazioni di entrambi i punti di vista?

–  ti curi con i farmaci perché ne hai studiato le proprietà e le controindicazioni e li hai preferiti alle alternative, o non hai mai preso in considerazione alternative, perché attorno a te è normale?

–        bevi latte di altre specie perché pensi sia la cosa migliore o perché l’hai sempre visto fare?

–     comperi cose “usa e getta” perché ritieni sia giusto o perché ne sei circondato?

–        segui uno sport o una squadra perché tutti lo fanno? O c’è un motivo specifico per cui apprezzi il calcio ma non il basket o viceversa? O per preferire una squadra ad un’altra?

–          voti chi promette di fare cose più utili per te o cose più giuste?

Potrei farti mille altri esempi, ma in generale la domanda a cui devi rispondere è semplicemente questa: quante azioni compi perché le ritieni “giuste”, e quante perché per te sono “normali”?

Ma quante battaglie hai intrapreso per perseguire o affermare scelte che non hai neppure mai compiuto? E quante guerre, nel mondo, si combattono in nome di queste non-scelte?

Ti hanno detto che l’amore si manifesta attraverso i “pensieri” e ti hanno convinto che “pensiero” significa “regalo materiale”, e tu ti senti disamorato a non comprare regali ai tuoi cari.

Ti hanno detto di stare attento a spegnere la lucina del televisore per non inquinare, e tu l’hai fatto, ma siccome non ti hanno detto che il formaggio sulla tua pizza inquina migliaia di volte più di quella lucina, tu continui a prenderlo sentendoti ecologista perché hai spento il led della tv. E magari senti messa in discussione la tua libertà se qualcuno prova a fartelo notare.

E se uno prova a farti notare che in cielo ci sono delle nuvole strane che non si erano mai viste prima, tu nemmeno alzi lo sguardo, ma dici che è paranoico perché così ti hanno insegnato a fare.

E se uno indossa un camice bianco e parla dalla televisione tu obbedisci. Senza chiederti perché sia lì, come ci sia arrivato, e se altri con lo stesso camice potrebbero pensarla diversamente.

Se uno non raccoglie gli escrementi del suo cane lo consideri un incivile che attenta alla salute pubblica, ma mentre sei al volante del tuo SUV o mentre mangi la tua pizza con la mozzarella ti senti un benefattore dell’economia, e quindi del mondo.

Viviamo così, vite automatiche: nella frenetica e spasmodica ricerca di qualcosa con cui riempire il tempo, i vuoti, i silenzi, la solitudine. Ci facciamo strenui difensori, e combattenti, di miti, credenze o bisogni indotti. Combattiamo gli uni contro gli altri perché crediamo di odiarli, ma non sappiamo cosa siano odio né amore. Odiamo diversità che non esistono, e creiamo differenze fittizie solo per poterci sentire migliori. Aggrediamo chi porta idee differenti, ma non sappiamo neppure da dove abbiano avuto origine le nostre. Galleggiamo, così, in oceani infestati da mostri, cercando di arrivare alla terraferma, e in un porto. Solo che quello non è il nostro porto. Anzi, non è neppure un porto. Dimentichiamo che il senso del viaggio è il viaggio stesso, e che la nostra “vita” è il mare, che vediamo solo da sopra la superficie, e dal quale rifuggiamo continuamente, dopo averlo popolato di mostri che ci spaventano.

Lasciamo che a guidare sia il pilota automatico, così non dobbiamo studiare il percorso né correre il rischio di sbagliare. Soltanto quando il mare è in tempesta, e il pilota automatico non può più governare, ci accorgiamo di aver perso la capacità di farlo, e così iniziamo a girare in tondo, finchè non passa la tempesta e possiamo tornare a… farci pilotare.