Spiritualità e religione

Una delle componenti essenziali dell’essere umano è rappresentata dalla sua ricerca dell’origine e dello scopo nel mondo: oggi, grazie ai contributi di differenti discipline, stiamo constatando che il “metafisico” o “trascendentale” consiste semplicemente in tutto ciò che esula dalla ordinaria percezione sensoriale umana. Ad esempio: un insetto percepisce i raggi UV che noi non vediamo, eppure – che li vediamo o meno – essi esistono e ce ne possiamo rendere conto in una qualunque giornata estiva trascorsa sotto il sole. L’esperienza, specie quella scientifica, ha ormai insegnato che non si può limitare la comprensione dell’universo a ciò che i sensi umani percepiscono e che di conseguenza ciò che li trascende (il “trascendentale”) non ha nulla a che vedere con la superstizione, l’ignoranza o la fantasia, ma può essere esplorato attraverso la scienza e la filosofia.

I primi e più alti filosofi della storia umana, quelli della Grecia antica, già nel VII secolo a.c. si erano dedicati alla comprensione del visibile e dell’invisibile: fu proprio uno di questi, Leucippo, che nel V sec. a.c. coniò l’espressione “ὰ-τωμος” (atomo) per definire l’unità di base della materia, che però sarebbe rimasta imperscrutabile alla fisica per circa 2500 anni.

Neppure oggi la tecnologia è sufficientemente sviluppata per consentirci di “vedere” un atomo, eppure nessuno sosterrebbe che la fisica atomica (o la fisica nucleare) sia una disciplina paranormale.
I filosofi greci non discriminavano tra l’indagine della natura delle cose visibili e di quelle invisibili, nè precludevano alla propria conoscenza di sondare le componenti sottili dell’essere umano, cioè l’anima e lo spirito.

In occidente, con l’avvento del cristianesimo, le cose sono cambiate radicalmente: si è affermata la concezione che il trascendente fosse dominio esclusivo della Chiesa e, attraverso i dogmi, si è interdetta ai fedeli ogni possibilità di esplorare tale dominio.
Il risultato è stata la trasposizione nel vivere quotidiano di superstizioni più o meno codificate risultanti dalla commistione tra mitologia e culti antichi e precetti dettati da interessi politici, economici e personali di imperatori, papi e uomini “di fede”.
Il culto cristiano si ispira a quello ebraico, nonchè (come peraltro quest’ultimo) a quello egizio, tanto che tra il libro dei morti egizio e la Bibbia le analogie, spesso vere e proprie identità, sono tali e tante da rendere impossibile pensare a semplice casualità, come nel caso dei dieci comandamenti, che ricalcano pedissequamente le affermazioni di purezza che i morti egizi avrebbero dovuto rivolgere alle divinità all’atto del trapasso.
Peraltro basti rammentare che la prima compilazione scritta dei testi sacri cristiani risale all’iniziativa di papa Damaso, che nel 382 d.c. incaricò San Girolamo di riorganizzare tutti i documenti disponibili e redigere un testo onnicomprensivo, che passerà poi alla storia come la Vulgata. Purtroppo, però, non si trattò di un’operazione meramente compilativa, poichè Damaso intendeva perseguire precise finalità politiche e, pertanto, ordinò di intervenire con  censure e inserzioni artefatte di conseguenza.
Uno dei risultati più “interessanti” del lavoro di filtro effettuato fu l’espunzione del vegetarismo dalla dottrina, tanto che nella Vulgata non vi era alcun riferimento a questo, nè al fatto che Gesù lo avesse predicato, il che è quantomeno curioso, poichè lo stesso San Girolamo, che più di chiunque altro aveva esaminato i documenti antichi, nel 393 d.c., anni dopo aver concluso la redazione del Nuovo Testamento aveva scritto un trattato intitolato Adversus Jovinanum, nel cui passo I, 30 si legge: “Fino al diluvio non si conosceva il piacere dei pasti a base di carne ma dopo questo evento ci è stata riempita la bocca di fibre e di secrezioni maleodoranti della carne degli animali[…]. Gesù Cristo, che venne quando fu compiuto il tempo, ha collegato la fine con l’inizio. Pertanto ora non ci è più consentito di mangiare la carne degli animali”.
Lo stesso intervento che ha afflitto il vegetarismo ha, poi, riguardato anche la questione della reincarnazione: nel 553 d.c. l’imperatore Giustiniano convocò il secondo concilio di Costantinopoli, che condannò definitivamente la teoria della reincarnazione, collocandola tra le eresie da perseguire (perseguitare) e cancellare dalla dottrina: inutile sottolineare che una scelta politica indotta da un imperatore difficilmente potrebbe essere considerata manifestazione di volontà divina, specie quando contrasta con tutto ciò che la stessa dottrina precedente aveva dapprima addirittura sostenuto e, quindi, semplicemente ammesso.

Ormai attribuita alla religione l’esclusiva su tutto ciò che trascendeva il visibile, con l’ardua e agognata rinascita del pensiero filosofico areligioso, in occidente si è assistito a una scissione tra spirituale e materiale che era sconosciuta alla filosofia classica e che, partendo dalla erronea identificazione della spiritualità con la religione, rinnegava qualsiasi approccio al trascendente.
Da questo al paradosso contemporaneo il passo è breve: da un lato si coltivano formalmente forme religiose in quanto tramandate localmente, e se ne accettano i precetti e i riti, compresi gli aspetti più impalpabili e improbabili (miracoli, guarigioni, illuminazioni, trasudazioni, sanguinamenti, etc.), mentre – dall’altro lato – si attribuisce l’etichetta di “paranormale” e, dunque, risibile e inammissibile a quanto è indagabile con metodo scientifico e, semplicemente, trascendendo le percezioni umane, non può essere automaticamente conosciuto.

Oggi il lavoro di psichiatri, psicologi e scienziati occidentali quali Brian Weiss, Angelo Bona, Ian Stevenson, Patrick Drouot, Helen Wambach e moltissimi altri, sta finalmente consentendo anche alla cultura occidentale di ricollegare il pensiero filosofico e scientifico alla spiritualità, intesa non più quale superstizione religiosa, ma quale comprensione integrale e globale della realtà alla quale partecipiamo e che nessuna divinità può impedirci di comprendere nè di investigare.

Mentre la terapia regressiva fornisce il suo contributo nel sondare i recessi dell’anima, la fisica espande continuamente gli orizzonti della realtà, suggerendo l’esistenza di un universo multidimensionale (multiverso), della materia oscura, di wormhole e di innumerevoli eventi  e dinamiche che sfuggono alle nostre facoltà percettive e che soltanto pochi anni fa erano o sarebbero stati tacciati di superstizione o alienazione.
Mano a mano che la tecnologia evolve (purtroppo quella aerospaziale con molta più lentezza e minori fondi di quella bellica), ci consente di confortare con l’osservazione diretta e l’analisi empirica le ipotesi formulate dalla fisica teorica: una delle più importanti scoperte della storia dell’umanità è stata l’osservazione dei primi pianeti extrasolari, della cui esistenza molti dubitavano perfino in tempi recenti e che secoli addietro, a sostenerne la possibilità, si sarebbe stati condannati per eresia.
Ogni volta  l’asticella della comprensione cosmica collettiva si sposta di una tacca: prima ci si domandava se esistessero altri pianeti, poi se esista vita (o vita intelligente) altrove, quindi se sia possibile entrarvi in contatto… si tratta di lenti passi avanti, a volte compromessi da passi indietro, che risentono dell’impermeabilità delle diverse discipline.
Se si fondono e confrontano le principali aree del sapere contemporaneo (storia, fisica, filosofia) e si osserva la realtà senza pregiudizi, è possibile pervenire ad una conclusione che era stata ovvia millenni fa e che oggi dobbiamo faticosamente recuperare: TUTTO E’ UNO.

La pluralità di manifestazioni dell’Uno può essere equivocamente considerata come sostanziale diversità ed, eventualmente, adoperata come strumento di discriminazione nei confronti di ciò che è (o, meglio, che “si ritiene essere”) altro da sè, oppure può essere compresa quale semplice adattamento, complementarità o diversificazione funzionale e strumentale, a molti livelli (dalla mera necessità e interoperabilità materiale all’evoluzione karmica).

Il metodo migliore che ciascuno di noi ha a disposizione per comprendere tutto quanto sopra risiede proprio in lui: non occorrono guide, maestri, salvatori nè profeti. Semplicemente attraverso il rilassamento e la meditazione si può amplificare la percezione di sè e di tutto ciò che c’è intorno e collocarsi sul medesimo piano: non più in alto, nè più in basso.
Nel quotidiano sarà sufficiente trattare con rispetto se stessi e ogni altra cosa per assistere a quel cambiamento, dentro e fuori di noi, che spesso invochiamo e agogniamo, giungendo infine alla consapevolezza che GLI ALTRI SIAMO NOI.