In Europa 9 stati sono coinvolti in guerre. In Africa 29. 16 in Asia. 7 in Medio Oriente. 6 in America. Molti di questi conflitti sono alimentati da motivi religiosi o razziali. Se aggiungiamo i motivi economici e quelli politici, ecco che la lista delle motivazioni include il 100% dei conflitti.
Alcuni dei conflitti di cui sopra sono fomentati, istigati o partecipati a vario titolo da nazioni formalmente estranee, fra cui ovviamente spiccano gli Stati Uniti e i paesi dell’Unione Europea.
Le società meno belligeranti sono anche quelle che producono la maggior parte di trasmissioni, programmi, film e telefilm basati su violenza, guerra, elogio della guerra, spettacolarizzazione della morte e delle malattie, contrapposizioni violente, liti televisive, denigrazione degli avversari, scherno delle ideologie contrapposte, etc.
Tutto ciò riguarda gli umani. Non va molto meglio, però, ai non umani. Anzi, a loro va decisamente peggio. Mediamente una specie si estingue in un milione di anni. Attualmente questo ritmo risulta aumentato da 100 a 1000 volte. Ogni giorno si stima che scompaiano 50 specie viventi. Ogni anno circa 60 miliardi di animali terrestri vengono uccisi per essere mangiati (in realtà circa un terzo finirà in pattumiera senza passare dagli stomaci, secondo le stime sugli sprechi alimentari internazionali). Di animali marini è difficile perfino parlarne, considerato che i numeri vengono espressi in tonnellate.
Non che ai vegetali vada poi meglio: 3 specie estinte ogni anno. Foreste incendiate per procurare legname da vendere abusivamente, o pascoli, o lavoro per il rimboschimento.
A fronte di questo quadro globale, desta perlomeno perplessità che questi paesi, artefici di tutto ciò, possano dichiarare di combattere “l’odio”, tanto da istituire i “crimini di odio” (“hate crimes”).
Quale violenza non scaturisce dall’odio? O, ragionando al contrario, quale violenza viene perpetrata per amore? Forse che quando si mangia un animale lo si fa ispirati dall’amore? Forse che quando si invade un paese con le armi lo si fa con amore? Forse che quando si bombarda è amore? Forse che quando si annienta la possibilità di sopravvivenza della specie umana sulla Terra a causa della devastazione ambientale, vi sono motivi nobili che mi sfuggono?
Ecco, per parlare di odio, e di amore, occorrerebbe prima di tutto averli presenti. Ma il semplice fatto che qualche esponente politico di società che vivono nella schizofrenia morale quotidiana abbia il coraggio di affermare di sapere cosa siano “crimini d’odio”, fa rabbrividire. Magari era lo stesso che, in una piazza o da qualche account telematico, aizzava i “suoi” contro “quegli altri”. Sicuramente è uno che per fare quella carriera ha stretto molte mani, ha raggirato molti elettori e ha millantato molte false promesse. Ed è a questo punto che parlare di “crimini di odio” dovrebbe condurre a domandarsi: “Di che si tratta?”. Perché, una volta compreso che un interlocutore è in mala fede, è logico domandarsi quale sia il suo reale scopo.
Se lo scopo delle classi dirigenti fosse l’eradicazione dell’odio, allora dovrebbero smettere di farsene portabandiere (dell’odio, intendo). A me sembra, invece, che la questione non sia affatto “eradicare” l’odio, quanto, semmai, “indirizzarlo”. Sì, perché folle inferocite contro gli odiatori… non sono forse odiatrici a loro volta? Come si può, quindi, lottare contro qualcosa… commettendolo?
In fondo, gridare “all’odio” non è altro se non un modo per: a) delegittimare l’avversario, e b) legittimare se stessi, attribuendosi uno spessore morale che non si possiede.
Attraverso lo spauracchio dell’odio si può poi imporre la censura e l’adozione di misure “straordinarie”, insomma la dittatura. Che sia dittatura mediatica, politica, militare/di polizia, poco cambia. Ciò che conta è che qualsiasi scusa è sufficiente per limitare la libertà dei governati e aumentare il controllo dei governanti. La censura è il primo strumento utilizzato dai “guerrieri dell’odio”. E, come tutte le censure ideologiche, è utilizzata in modo dittatoriale e incontrollato.
Ci sarebbe, poi, un problema più squisitamente filosofico, o, per meglio dire, giusfilosofico: istituendo reati basati sulle intenzioni si introduce un elemento assai arbitrario nei giudizi, ma anche una discriminazione. Non soltanto tra rei, ma anche tra vittime. Perché qualcuno picchiato per subire un furto dovrebbe essere meno tutelato di chi è stato picchiato per motivi diversi ma analoghi? In altre parole, se uno vuole arricchirsi usando la violenza, è forse più meritevole di uno che si senta in diritto di esercitare la violenza nei confronti della sua vittima perché appartenente a un gruppo etnico/religioso differente? E questo ci conduce all’altro aspetto schizofrenico della vicenda: da un lato si celebrano come “eroi di guerra” persone che hanno ucciso altre persone solo perché appartenenti ad altre nazioni; dall’altro lato, si condannano aspramente persone che hanno ucciso altre persone solo perché appartenenti ad altri gruppi. È il trionfo della schizofrenia. Da un lato si alimenta l’odio, e, dall’altro lato, si afferma di volerlo contrastare.
Il risultato è un oscurantismo intellettuale smisurato che mira a eradicare qualsiasi opinione difforme, privando così tutti del bene principale: la libertà.
Come sempre, però, i veri artefici della soppressione della libertà non sono da ravvisare in quel manipolo di potenti che muove l’economia e la politica, bensì in quella moltitudine di “volontari e volenterosi” che sono i governati, sempre pronti a indignarsi a comando, e a innescare a comando il proprio… odio.
Del resto uno dei fenomeni più evidenti risiede proprio nell’onda anomala di “odio di reazione” che la diffusione degli strumenti telematici ha ormai esasperato e amplificato: dopo che qualcuno è stato delegittimato, dandogli dell’odiatore… diviene lecito odiarlo. Ma, a questo punto, per favore, non parliamo di “combattere l’odio”. Parliamo, semmai, di creare, dominare, indirizzare e strumentalizzare l’odio.
D’altro canto, l’odio è un sentimento e, come tale, fa parte dell’essere umano. Eliminarlo è possibile, ma non è certo un processo semplice, tantomeno che possa essere indotto dall’esterno, tantomeno imposto per legge. L’odio deriva dall’inconsapevolezza, e si contrasta (supera) mediante la consapevolezza. Alimentare l’illusione che una società abbia risolto i “problemi di odio” semplicemente grazie a leggi repressive è sintomo di una profonda malafede volta a strumentalizzare il bisogno collettivo di sicurezza e rassicurazione, e a distribuire a piene mani autoassoluzioni.
Se vogliamo una società più rispettosa (cioè con meno odio) dobbiamo smettere di odiare e censurare chi non la pensa come noi: piuttosto, dovremmo mostrare il rispetto attraverso il vostro esempio, e ricercare la verità, anziché sopprimerla.