15/11/2020 – IL MONDO DEL FUTURO

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In questo momento il mondo sembra a un bivio. Sicuramente, nella mente delle persone il futuro si prospetta in due modi: secondo alcuni, finirà questa “pandemia” e tornerà la vita normale; secondo altri, invece, alla normalità non si tornerà più.

Il primo dubbio che mi è sorto, di fronte a politici, uomini di scienza e “filantropi” che parlano di “nuova normalità” o di “nuovo ordine”, è: perché? Epidemie, pandemie, o come le si voglia chiamare, l’umanità le ha sempre affrontate e superate: la medicina ha offerto ciò che aveva da offrire, e le persone hanno continuato a fare la propria vita, durante, ma, soprattutto, dopo. E quindi perché stavolta dovrebbe essere diverso?

Sentir parlare di “nuova normalità” ricorda i regimi dittatoriali, hitleriani e staliniani, che hanno sempre dichiarato di voler scardinare gli ordinamenti precostituiti, per imporre nuovi modi di vivere.

Il panorama italico cosa offre? Premi ai consumatori che abbandonano il contante, incentivi per comprare monopattini elettrici, digitalizzazione della scuola, dei processi giudiziari, incentivi a comprare televisioni, ad usare smartphone. Nulla di tutto ciò ha a che fare con un virus, ma, soprattutto, con una malattia che – come tutte – dovrebbe essere passeggera.

E, allora, riprendendo le parole del premier italiano che giusto a settembre dichiarava che la scuola non andava bene così com’era, e, quindi, con quest’occasione la si è trasformata in digitale, viene da chiedersi: non è, forse, che questo sia il vero scopo?

Tamponi, vaccini, app per tracciare, ristoranti che “schedano” i clienti, pagamenti elettronici. Tutto – ma proprio tutto – sembra andare in una direzione inequivoca di controllo degli individui e della società. Forse, allora, la “nuova normalità” altro non sarà, se non una società di persone che vivono vite sempre più virtuali e digitali, in cui al fallimento commerciale di tutte le attività che aggregano (ristoranti, palestre, discoteche, bar, etc.) si sommerà l’istituzionalizzazione di pubblica amministrazione, scuola e giustizia digitali, sì da rendere necessario spendere la maggior parte delle proprie vite in isolamento fisico e morale da tutti gli altri, interagendo in definitiva soltanto in modo virtuale e mediato (e controllabile).

Sempre meno contatti, sempre meno rapporti umani, sempre meno probabilità di creare legami duraturi, di fare una famiglia, di fare dei figli. Ed ecco che il sogno di quei “filantropi” di vedere un mondo meno popolato sarà realtà. Ma non attraverso un processo di acquisizione della consapevolezza individuale, bensì attraverso l’alterazione del mondo, del vivere e del socializzare.

Nel film Equilibrium (2003) vediamo un futuro dominato dal “Padre”, un dittatore virtuale che ogni giorno parla ai cittadini, encomiandoli per il loro coraggio e rassicurandoli che la privazione delle emozioni attraverso un farmaco, il prozium, ha garantito la fine delle guerre e delle violenze. Le vite si sprecano in giorni grigi, appartamenti spogli, vetri opachi, automobili dagli interni completamente bianchi, mentre tutto ciò che può suscitare emozioni è vietato. I “ribelli” sono coloro i quali non accettano di prendere la dose quotidiana di prozium per sopprimere le emozioni, e conservano oggetti come libri, dischi, quadri, decori e ogni cosa che genera emozioni.

Come sarà il nostro futuro? Sempre più simile a quello descritto nel film. Già oggi Facebook, Twitter, Youtube, Amazon e Whatsapp censurano chi dissente dalla narrazione ufficiale, mentre chi contestava i vaccini era già da tempo censurato da questi media. Chi non condivide la linea unica imposta è già additato, schernito, professionalmente distrutto, radiato, biasimato pubblicamente ed emarginato. Fra poco sarà anche punito. Tutto in nome della sicurezza. Proprio come coloro che provano emozioni in quel film.

La “normalità” non tornerà, ma non a causa di un virus, bensì in quanto chi comanda non amava quella normalità, considerandola dannosa per sé e per il suo ideale.

In un circolo perverso che si autoalimenta, si dà a un virus la colpa di una tragedia economica che in realtà è causata da precise decisioni politiche. Agitando lo spettro di nuove privazioni e crisi economiche, si fanno accettare restrizioni e vaccinazioni. Ma le vaccinazioni non arriveranno prima di aver completato i disastri economici e sociali previsti. E, quando arriveranno, non saranno “una tantum” (una volta sola), ma diventeranno una costante. O per malattie “nuove” o per i richiami. Poco importa.

Mentre ci obbligano a casa e chiudono i cinema, questi falliscono e Netflix & co. restano l’unica alternativa. Intanto i negozi e le catene soccombono sotto i colpi di Amazon e i ristoranti, che ora si avvalgono dei servizi di consegna a domicilio, domani spariranno, sostituiti da questi ultimi che il cibo lo produrranno direttamente.

Ciò che oggi ci sembra comodo, domani sarà obbligatorio. Proprio come le nostre case confortevoli, che si sono trasformate in prigioni. Ed è per questo motivo che mai prima d’ora nella storia umana nessuno aveva mai ipotizzato di poter fare ciò che sta accadendo oggi: senza la tecnologia con la quale siamo stati abbindolati, non sarebbe mai stato possibile vivere da reclusi in casa.

Ecco, quindi, che oggi possiamo notare come i “doni” che hanno reso virtuali le nostre vite erano avvelenati e ora siamo a un bivio: mondo virtuale, con vite virtuali, o mondo reale, con vite reali?