RIVOLUZIONE, EVOLUZIONE E INVOLUZIONE

Cosa sono rivoluzione, evoluzione involuzione? Per dirla con una battuta potremmo rispondere: qualcosa di cui si parla, qualcosa che si studia, qualcosa che avviene quotidianamente.

Di questi tempi è molto in voga dire che bisogna fare una rivoluzione: a livello politico, economico, sociale, morale, etc.

Rivoluzioni la storia ne ha conosciute anche troppe, ma sembra che nulla abbiano insegnato: il capovolgimento dei sistemi contro i quali esse si scagliavano ha spesso portato a estremi di segno opposto, difficilmente migliori di ciò che intendevano contrastare. A prescindere dal momentaneo cambiamento, tutte le rivoluzioni nate come atto impositivo da parte di una minoranza hanno finito per esaurirsi e, alla fine, per dissolversi in un momento di restaurazione, o, perlomeno, di contemperamento.

Il problema principale delle rivoluzioni è proprio nel loro rapporto antitetico con i sistemi che si propongono di modificare, poiché difficilmente il modello che esse propongono è ponderato e oggettivo: di solito si tratta semplicemente di una inversione di quello esistente.

 La comprensione della natura virtuale del mondo in cui siamo immersi consente di realizzare meglio per quale motivo nessun risultato conseguito attraverso una rivoluzione, specie se violenta e imposta forzatamente, può dirsi pregevole. Il cambiamento non ha valore se non è spontaneo, poiché non è reale, e, di conseguenza non può essere permanente, bensì soltanto apparente e (dunque) temporaneo.

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La differenza principale tra rivoluzione ed evoluzione sta nel fatto che la seconda non scarta ciò che di buono si era già conseguito, ma ne fa tesoro: non si tratta, insomma, di una reazione esplosiva, bensì di un cambiamento ponderato.

Soltanto il successo dell’evoluzione è realmente tale, poiché basato su una reale acquisizione di consapevolezza che determinerà in transito a senso unico da un punto di origine A a un punto di arrivo B, che si trova su un livello di consapevolezza superiore.

Pretendere di cambiare gli altri, conformandoli alla propria volontà, non è soltanto sbagliato moralmente in quanto vessatorio, ma lo è per almeno altri due motivi: in primo luogo sarebbe necessaria la certezza di avere ragione, inoltre si tratterebbe di un’operazione senza alcuna possibilità di riuscita permanente, dunque fittizia.

La consapevolezza è l’unico parametro assoluto che ritengo sia possibile utilizzare per misurare il livello di evoluzione di un individuo o di una collettività: come definire, quindi, la consapevolezza? Capire se stessi e ciò che vi è al di fuori di sé, che d’altro canto è tale soltanto nel mondo virtuale, dovendosi dunque concludere che nel mondo reale è sufficiente comprendere sé per comprendere tutto ciò che esiste: si tratta del monito “Gnoti sautòn” (conosci te stesso) noto già ai greci antichi.

Comprendersi vuol dire semplicemente dare risposta ai quesiti che spesso consideriamo ultimi, ma che, invece, dovrebbero essere i primi che ci poniamo, al fine di poter poi improntarvi correttamente la vita: chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo e perché.

Misurata in questo modo la consapevolezza, è evidente che si verificherà un processo involutivo ogniqualvolta ci allontaneremo dalla comprensione di noi stessi, finendo come naufraghi tra le onde della vita.

L’aumento di consapevolezza è un fenomeno strettamente individuale, che può essere influenzato da altri, ma non può essere imposto, né tantomeno surrogato: per questo motivo ognuno di noi deve partire da se stesso e può volgersi agli altri, offrendo loro strumenti di evoluzione che ciascuno accetterà in ragione delle proprie attitudini.

È comunque evidente che nessuna prerogativa materiale, quali i soldi o il livello tecnologico, può avere alcuna rilevanza nel procedimento evolutivo: si potrebbe anzi affermare che si tratti semmai di ostacoli che servono a mettere alla prova e allenare la nostra capacità di evolvere.

L’evoluzione è l’unico fine che dovremmo perseguire, non soltanto poiché è anche ciò per cui esiste lo stesso spaziotempo in cui siamo immersi, ma anche in quanto è l’unico risultato che si possa perseguire autonomamente, senza che sia necessario coinvolgere, usare o trasformare alcun altro.

Ognuno di noi può modificare immediatamente il proprio presente e il futuro, adoperandosi per la propria evoluzione, senza aspettare inutili (o dannose) rivoluzioni e senza abbandonarsi a comode involuzioni.