UN SOLO COMANDAMENTO

Fra le molte contestazioni che sono state avanzate nei confronti della religione cattolica ce n’è una che riguarda la fondatezza dei comandamenti e che suona più o meno così: se essi provenissero realmente da una divinità, e non dall’uomo, dovrebbero essere senza tempo, dunque adatti ad ogni tempo, estranei al contesto culturale e sociale dell’epoca alla quale risalgono, e pertanto dotati di  valore e validità assoluti e oggettivi.

Invece, si è osservato, alcuni comandamenti conterrebbero precetti o prospettive tipici di una società patriarcale e antica, quale quella dell’umanità di quel periodo storico.

Anche la filosofia si è profusa nel tentativo di fornire dei comandamenti, o, perlomeno, dei principi e delle regole per disciplinare la condotta umana; il filosofo australiano Peter Singer, esponente dell’utilitarismo, ha espressamente formulato cinque comandamenti, con la proposta di sostituirli a quelli precedenti.

In verità anche i principi di Singer non si discostano poi tanto dalle questioni di attualità, in particolare l’aborto, l’eutanasia e i rapporti tra animali umani e non umani: sarebbe difficile immaginare che fra cinquecento anni, o anche molto meno, essi possano mantenere intatto il loro valore precettivo.

Probabilmente non è mai stata intenzione di Singer formulare precetti senza tempo, bensì semplicemente adeguare al presente regole di condotta che secondo lui erano ormai troppo datate per funzionare correttamente.

Io ritengo che, pur considerando le peculiarità di ogni tempo e luogo, non si possa prescindere dall’utilizzo di concetti universali, cioè validi “sempre, ovunque e per chiunque”: ciò che potrà variare, semmai, sarà la modalità pratica di applicazione di quei principi alla realtà concreta, di volta in volta differente.

Tutti i comandamenti, o precetti, devono essere ricondotti a un unico comandamento o principio: “Ama”.

Qualsiasi tentativo di circoscrivere, limitare o specificare modalità, destinatari o presupposti, finirebbe esclusivamente per svilire, e quindi svuotare, quel precetto che, da solo, è in grado di far funzionare correttamente e al meglio qualsiasi interazione.

Perché limitare l’amore? Amare tutto il genere umano è forse peggio che amare un solo individuo? Amare gli animali oltre agli uomini non significa forse amare ancora di più? Lo stesso ragionamento può essere esteso fino a ricomprendere tutto ciò che esiste e questo procedimento è in realtà molto più facile di quello che si possa pensare, poiché non ha tanto a che fare con ciò che è fuori di noi, quanto con ciò che abbiamo dentro: se nutriamo amore disinteressato, il fatto di rivolgerlo a quanti più destinatari possibile non può essere un sacrificio, ma, al contrario, una soddisfazione.

Naturalmente l’amore che ci deve animare è da identificarsi con quel “bene velle” di catulliana memoria, che equivale a desiderare il bene altrui a prescindere e anche al di sopra del nostro.

Perfino nella prospettiva utilitarista sarebbe comunque possibile giustificare questo comandamento: se tutti lo ponessero in pratica il benessere collettivo che ne deriverebbe sarebbe massimo.

Non occorre aderire a una religione, né, dunque, aspettarsi una ricompensa oltre la vita terrena, per comprendere che l’applicazione assoluta di questo principio renderebbe il presente il migliore possibile.

Addirittura il principio dell’offrire amore incondizionato rappresenterebbe la migliore scelta possibile perfino nell’applicazione dei criteri economici di profitto: con un semplice investimento su se stessi si sortirebbe il massimo risultato.

Quanto alla prospettiva karmica dell’esistenza, non c’è alcun dubbio che proprio l’amore sia l’energia fondamentale, nonchè l’unico strumento definitivo di evoluzione, poiché il fine ultimo del ciclo karmico è proprio la riscoperta dell’amore, che reca con sé la pace e il ricongiungimento con ciò che già il filosofo greco Empedocle aveva chiamato “Uno o Sfero”.

Insomma, tanto in base ad un approccio utilitaristico, quanto ad uno deontologico o economico, così da quello razionale e materiale come da quello metafisico-trascendentale, non si può che convergere verso questo unico comandamento: AMA.