LE RIFORME DEL PROCESSO CIVILE: A PASSI SVELTI VERSO IL GIUDICE AI.

 

Soltanto pochi giorni fa il Presidente del Consiglio Nazionale Forense ha lanciato l’allarme riguardo alle riforme del processo civile italiano, sintetizzando in pochissime parole un concetto agghiacciante: “il paradosso di un processo senza processo“.

Questo genere di cambiamenti ha l’indubbio vantaggio (per i politici) di non dare troppo nell’occhio. Facciamo un esempio: il “contributo unificato” è il balzello che il contribuente deve pagare (dopo aver già pagato le tasse), affinchè lo Stato si faccia carico della Giustizia celebrando un processo. Naturalmente, essendo in Italia, questo è solo l’inizio di una serie di tasse, dazi, imposte & co. che includono poi la marca da bollo, la tassa di registro, i diritti di copia, etc. Nonostante già da alcuni anni il processo civile sia stato telematizzato (cioè i depositi di atti avvengono in formato digitale e non più cartaceo), la cosiddetta “marca da bollo” che andava apposta sulle carte (“bollate”, appunto!) da depositare in tribunale non è stata cancellata. Anzi… da un anno all’altro è passata da 8,00 a 27,00 Euro. Cioè più che triplicata. Immaginate se il vostro stipendio, o l’affitto di casa, o la bolletta telefonica fossero triplicati. Probabilmente non sareste rimasti indifferenti. Ma, la marca da bollo? Chi sapeva cosa fosse prima di leggere questo articolo alzi la mano! E chi avrebbe potuto protestare? Forse gli avvocati? Ma non sono soldi loro! Forse i cittadini, ignari di cosa e perchè devono pagarlo? E comunque, magari, convinti che ciò accadrà una sola volta nella vita? E perchè mai, dunque? Oppure i giudici, che probabilmente nemmeno loro ricordano cosa sia questa tassa?

Arriviamo, così, al passato prossimo: con la farsa pandemica, non solo si è piegata la Costituzione ai diktat finto-ecologisti, preparando il terreno per l’annientamento definitivo del ceto medio attraverso la scusa dell’ambiente, ma si è fatto in pochi mesi ciò che non si era concluso neppure in un decennio, portando addirittura il processo “da remoto” nel penale. Ovviamente con risultati esecrabili, degni della peggior nomea dell’italianità all’estero. Quando, nella metà del 2020, sostenevo che queste riforme non avessero niente a che vedere con alcuna emergenza, e che fossero semmai uno dei moltissimi indizi della strumentalità di essa, la mentalità comune rispondeva che no, quelle misure sarebbero servite soltanto per arginare la pandemia. Ed eccoci quindi al 2023, fuori da tutte le emergenze, con un nuovo codice processuale, imbastito in fretta e furia da un ministro non politico, non eletto, di un governo non politico, non eletto, durato in carica poco più di un anno, e (a parole) necessario soltanto per arginare l’emergenza. E con un simile governo si è fatta una delle riforme più nette della procedura civile della storia italiana, che, naturalmente, ha trasformato l’emergenza in normalità. Alludo, in particolare, ai processi da remoto, o, addirittura, senza udienze. La cosiddetta “udienza scritta”, o, per meglio dire, le “note scritte in sostituzione dell’udienza” sono la trasposizione giusprocessuale dello svilimento dell’individuo operato a tutti i livelli della società: urlando ai quattro venti la volontà di affermare i diritti sacrosanti della persona, li si sta smontando uno a uno… con la fattiva collaborazione delle vittime (cioè i cittadini). Sono occorsi secoli (millenni!) di evoluzione del diritto, per addivenire a forme di contraddittorio garantiste e rispettose del diritto di ciascuno di esprimersi dinanzi al giudice, mentre sono bastati pochi mesi di un governo non democratico (non eletto), per far crollare tutto ciò, nel silenzio assordante degli operatori del diritto, e, ovviamente, dei media irregimentati (e dunque conniventi per definizione).

E’ questo il paradosso del processo… senza il processo, con la discrezionalità del Giudice di stabilire udienze tali soltanto nel nome, che in realtà non prevedono la partecipazione di alcuna delle parti o dei difensori, ed escludono perfino il diritto di mettere per iscritto ciò che prima era loro diritto esternare a voce e vedere poi trascritto nel verbale dell’udienza. A pena di sanzioni processuali e pecuniarie, si è poi provveduto, mediante decreti ministeriali, perfino a sancire la lunghezza massima degli atti processuali e la loro esatta forma. 

All’alba del 2024 il processo civile italiano assomiglia terribilmente alla predisposizione di un documento pronto all’indicizzazione da parte di un motore di ricerca, ove la componente umana e quella relazionale sono completamente annientate e frustrate.

La domanda sorge spontanea: quale sarebbe l’interesse della massoneria che ci (cioè noi abitanti della Terra) governa, ad attuare questo tipo di “Giustizia”? Alcuni, probabilmente di minor conto, sono evidenti:

  1. distruggere la Giustizia significa aumentare tensioni sociali, senso di frustrazione, impotenza e remissione a chi governa,
  2. constatare la natura ostica del sistema conduce a perdere fiducia in chi governa “eletto”, così facendo avanzare il desiderio di un governo tecnico “super partes” (cioè la massoneria internazionale, che già ogni anno di più getta parte della maschera inondandoci di immagini dal WEF),
  3. contribuire al disordine e al caos economico finalizzato a distruggere la classe media.

Ma il vero fine ultimo sembra palese: giungere alla sostituzione dei giudici umani con l’AI. Guarda caso, meno di un anno fa il Tribunale Internazionale dei Brevetti da Bruxelles ha annunciato che licenzierà giudici e avvocati, per avvalersi di un sistema di intelligenza artificiale (GPT7). Già negli anni ’50 la Giuscibernetica favoleggiava di giudici computerizzati, poi andò nel cassetto fino a essere considerata quasi come una stoltezza di un’epoca tecnologicamente immatura. E, invece, nel giro di 70 anni quella favoletta sta diventando realtà a passi da gigante. L’AI, lungi dall’essere quello strumento di oggettività, incorruttibilità e certezza del risultato che viene prospettata, è invece il contrario, cioè la certezza della controllabilità delle decisioni da parte del programmatore. Pensiamo a Robocop e alla sua quarta direttiva. Già oggi i tribunali italiani, per motivi che sarebbero ufficialmente inspiegabili (ma officiosamente comprensibilissimi) utilizzano per le udienze virtuali il software della Microsoft Teams. Immaginiamo se, domani, il software Microsoft fosse l’AI che decide i processi: come potrebbe giudicare in un processo che vede coinvolto Bill Gates, o un qualunque dirigente delle sue società od organizzazioni? E’ facile immaginarsi una sorta di quella quarta direttiva” nascosta, che impedisce a Robocop di agire contro un dirigente della corporation che l’ha creato. Del resto, già oggi è sufficiente farsi una chiacchierata con una di queste AI, per constatare come non facciano altro se non ripetere all’infinito la stessa pappardella del pensiero unico massonico che i programmatori le hanno installato.

Sarà forse il 2025, con la SPARS o malattia “X”, o qualche fantacatastrofe ambientale, a portare la necessità “emergenziale” di introdurre le IA qua e là, Giustizia compresa? Sarà divertente constatare come, a quel punto, pure i giudici massoni, che hanno consentito e corroborato tutto ciò che sta accadendo, saranno scaricati nella spazzatura dai loro padroni, e, ormai privati di quell’illusione di potere che era il corrispettivo per il patto scellerato, saranno innocui. Del resto, perchè mai chi muove i fili nell’ombra dovrebbe voler continuare a doversi preoccupare dei gradini inferiori della piramide, continuando a raggirare, abbindolare, minacciare, corrompere o convincere giudici e politici, quando può sostituire i primi con l’IA e i secondi con se stesso?