22/5/2021 – LIBERI DI ESSERE SCHIAVI

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Quando ero un adolescente, prima, e un ventenne, poi, ero assai restio a guardare i film degli anni ’60 e ’70: mi sembrava un mondo datato, triste, grigio, omologato, rigido e immaturo. Da quel mondo ci stavamo emancipando a passi svelti con i colori della televisione commerciale, dei telefilm degli anni ’80 e ’90, con i telefoni cellulari, con i computer, con l’Euro.

L’Italietta moralista e perbenista stava finalmente cedendo il passo all’internazionalismo, alla tecnologia, all’Europa. Per chi, come me, ha sempre visto nei confini, nelle bandiere e nei provincialismi un artificio insopportabile e barriere all’unione tra popoli, quell’Italietta era proprio insopportabile.

Sognavo la California: chi non lo faceva, tra quelli della mia generazione? Nati e cresciuti all’insegna del cinema a stelle e strisce, che sui banchi di scuola disquisivano di quanto Schwarzenegger fosse un vero culturista, e Stallone solo un attore che si prendeva steroidi.

Il mio, il nostro, mondo era nel futuro: Internet e la libertà di esprimersi, di informarsi, di comunicare. Grazie al primissimo modem 56K full duplex della U.S. Robotics potevo perfino fare una videochiamata con la mia fidanzata lontana.

Negli anni ’90 tutto sembrava possibile. Nonostante l’epoca berlusconiana. Per la prima volta, nella mia personale storia di vita, assistevo a una frattura sociale netta: pro o contro quel personaggio. Quando si verificano simili spaccature non è politica, ma fede. E, infatti, anche la comunicazione mediatica prescelta parlava di “miracoli”. Ricordo ancora quando il Presidente Scalfaro tuonava a reti unificate a favore della par condicio, cioè l’importanza che tutti i candidati politici avessero le stesse opportunità di esposizione mediatica. In quel periodo tutti gli italiani familiarizzarono con il concetto di “conflitto di interessi”: uno che possiede mezza stampa e televisione ha un potere di suggestione e induzione che non è paragonabile a quello dei suoi antagonisti.

E, infatti, quel signore lì trionfava e ha trionfato per due decenni, perfino nonostante le leggi ad personam, cioè quelle realizzate ad hoc per esimersi dalle condanne: tutto sotto gli occhi di tutti. Eppure, almeno metà degli italiani votava lui o i suoi alleati politici. Mentre in Italia una cortina fumogena avvolgeva i media, all’estero le critiche erano asprissime e si parlava apertamente di collusioni mafiose e di carriera politica intrapresa per evitare di finire in galera. Ma nel Belpaese chiunque criticasse il regime veniva accusato ideologicamente, come i magistrati contro cui venne coniata l’espressione “toghe rosse”: un bieco metodo per delegittimare intellettualmente coloro i quali, nell’adempimento dei propri doveri, perseguivano i rei o presunti tali.

Sono trascorsi altri vent’anni, e quel modo di (non) pensare ha dato i suoi frutti: la politica ha perso qualsiasi credibilità, fiducia e valore. Ormai i politici sono burattini del potere economico. Anzi, di più: nel 2021 l’Italia è governata direttamente dagli esponenti di quel potere, che non sono nemmeno politici. Privi di qualsiasi votazione, elezione e perfino candidatura. Esponenti di punta del mondo dell’economia e dell’industria, che non devono rendere conto a nessun elettorato, poiché non ne hanno alcuno.

In poco più di un anno la dittatura sanitaria in Italia ha drenato fiumi di risorse dai cittadini e dallo stato ai colossi mondiali dell’industria farmaceutica, delle consegne a domicilio e dell’informatica, accingendosi a fare altrettanto con i veicoli (fintamente) non inquinanti.

Quando in Italia governava il fascismo, non lo si poteva criticare. Quando il fascismo è crollato, non lo si poteva celebrare. Ai tempi del berlusconismo, non si poteva contestare Berlusconi. Oggi non si può contestare la narrativa covid: chi lo fa viene perseguito e perseguitato.

Credevo che la tecnologia ci avrebbe aperti a un mondo nuovo, ma non immaginavo che sarebbe stato un mondo ancora più controllato e dittatoriale di quello che l’aveva preceduto. Ben più di metà degli italiani vive avvolta nella bolla di sapone della narrazione dei media, che oggi sono controllati per tre quarti da quegli stessi che fabbricano e poi vendono allo Stato e ai privati milioni di quelle mascherine che lo Stato obbliga i propri cittadini a indossare. Lo Stato, in persona di figuri legati a doppio filo ai principali poteri economici internazionali. Uno stato che consegna a un miliardario straniero di nome Bill Gates un potere decisionale e gestionale in una presunta crisi sanitaria. Uno stato che si affida a virologi millantatori per seminare il panico e schiavizzare la popolazione intera.

Ieri vedevo gente criticare la magistratura politicizzata perché perseguiva un criminale. Oggi vedo persone, sole, chiuse in macchina con indosso la mascherina, che si credono intelligenti e sicure. Vedo zombie in monopattino elettrico e mascherina sfrecciare nel traffico e cadere come mosche, non preoccupate della moria dei propri simili monopattinatori, ma convinta di essere al sicuro grazie al bavaglio. Bavagli fisici e simbolici, che intrappolano l’aria che entra e quella che esce, al pari delle voci. La più feroce, insulsa, perversa e distruttiva dittatura nella storia dell’umanità è accolta dalle stesse vittime come salvifica. Il miracolo della propaganda.

E, allora, adesso rivedo con nostalgia i film di quel tempo che fu: quando in Italia c’erano trenta partiti, e ognuno aveva un’idea diversa. Quando i sindacati scendevano in piazza e nelle strade. Quando le persone non trascorrevano le proprie vite davanti a un telefono, ma con i propri simili in carne e ossa. Quando nessuno si sarebbe potuto sognare nemmeno di ipotizzare di dire a qualcun altro di non uscire da casa propria, salvo che avesse voluto essere accusato di fascismo e magari aspettato sotto casa da qualche persona armata di randelli. Senza Internet, senza il marketing, senza Amazon, Netflix e Facebook, non saremmo al punto in cui siamo: nemmeno il più folle dei miliardari massoni del mondo come Bill Gates, Klaus Schwab & co., avrebbe potuto sognarsi di applicare gli arresti domiciliari a interi popoli. Ma oggi sì: oggi Internet li controlla, li seda, li intrattiene. Amazon li rifornisce. Intanto le case farmaceutiche multimiliardarie e pluricondannate in tutto il mondo… si offrono di salvarli. E, in Italia, si plaude ai massoni che governano senza alcun consenso popolare. E, mentre il colpo di stato e la dittatura vengono ignorati, ci si compiace di chiamare “furbetti” quei pochi coraggiosi che osano cercare di non farsi contagiare… dal virus dell’idiozia.

No, il futuro non ha portato né libertà né progresso. Anche i pensieri delle persone sono ormai binari, come gli ubiqui computer: o sei fedele al virus, o sei un cretino e un pazzo. O giuri fedeltà agli uomini più ricchi del mondo e alle loro invenzioni, oppure sei uno che vuole il male dell’umanità e una minaccia per la stessa.

Ci rialzeremo mai? Forse. Ma non sarà presto. Presto, l’era degli uomini cederà il passo a quella delle macchine, del controllo tecnologico totalitario e della normalità intesa come assoggettamento a tutte le condizioni imposte per vivere nelle comunità in cui i popoli hanno perso qualsiasi diritto alla democrazia e alla auto rappresentanza, in nome di un governo sovranazionale tecnocratico e distopico, imposto dai più ricchi e malati esseri umani del presente.

Ed ecco che, improvvisamente, quell’Italietta cinematografica di 50 anni fa diventa quasi un miraggio, attraverso il quale sfuggire a un’umanità incrudelita verso chiunque, e però convinta di essere compassionevole, instupidita, e però convinta di essere intellettuale, reclusa e però convinta di essere libera, imbavagliata e però sicura di potersi esprimere, in cui si definiscono giornalisti dei pivelli prezzolati che raffazzonano da Internet post e immagini, e che in televisione tuonano contro chiunque esprima un pensiero con più spessore di “w i vaccini”. L’ultima libertà che rimane? Quella di essere schiavi. E, infatti, non ci sono né pistole né fucili a spingerci nelle nostre gabbie, ma soltanto la rappresentazione mentale di popoli atterriti e manipolati, che ogni giorno potrebbero essere liberi, e, invece, scelgono di essere carcerieri di se stessi.