Nel 1948 lo scrittore di fantascienza Arthur C. Clarke, che sarebbe divenuto l’autore di 2001: A Space Odyssey, scrisse il suo primo racconto, intitolato Against the Fall of Night (Contro il calare della notte). È una storia che mi ha sempre affascinato, poiché più volte mi è parso di scorgervi la rappresentazione di un probabile futuro dell’umanità. In seguito a una catastrofe planetaria, è sopravvissuta una sola città sulla Terra: Diaspar. A Diaspar le persone vivono isolate, attraverso altissime mura, dal resto del pianeta ormai distrutto. Tutto è affidato alle macchine, compresa la riproduzione degli esseri umani, che hanno perduto perfino memoria di come queste siano state realizzate o funzionino: le vite, lunghissime e stanche, si trascinano noiosamente in assenza di qualsiasi stimolo. Finchè il primo “nuovo” nato in questa società si rivela anche l’unico capace di domandarsi cosa esista al di là delle mura: la curiosità lo condurrà a una scoperta impensabile, e a conoscere un’”altra” umanità. Questa ha perseguito la via della fusione con la natura e con le capacità dell’essere umano, sviluppando addirittura la telepatia e adoperando le macchine soltanto come ausilio nel lavoro.
Ho letto questo racconto per la prima volta negli anni ’90 del XX secolo, e da allora mi è sembrato sempre più che l’umanità – tutta – stesse costruendo la propria Diaspar, e le alte mura a contorno.
Negli ultimi anni si è assistito a un fenomeno politico e sociale schizofrenico: mentre le attività umane più distruttive e dannose per la salute individuale e collettiva sono state continuamente foraggiate dagli stati, dai governi e dai soldi delle tasse, si è andata imponendo sempre più la tematica della “salute” nei dibattiti e perfino nelle leggi. L’escalation è stata improvvisa e rapida: dopo decenni di pluralismo delle fonti e delle voci, e di confronto “ad armi pari” tra discipline differenti, la salute è improvvisamente divenuta un dogma. Negli ultimi cinque anni si sono verificati alcuni fenomeni concomitanti e preoccupanti:
– espulsione dagli ordini professionali di medici critici, in particolare in tema di vaccini e cura del cancro;
– censura sistematica delle fonti web critiche;
– demolizione sistematica di medici e ricercatori indipendenti a opera di siti web apparentemente autonomi, o da parte di medici più inclini a censurare la Rete che a curar pazienti;
– creazione ad arte di stigma e riprovazione sociale con istigazione all’odio e alla messa all’indice dei professionisti non omologati;
– istituzione di obblighi vaccinali con ricorso a norme urgenti;
– capovolgimento di orientamenti giurisprudenziali consolidati, in tema di danni da vaccino e libertà vaccinale (dai tribunali di primo grado alla Corte Costituzionale);
– aumento esponenziale della presenza di camici bianchi nei media;
– tacitazione di qualsiasi opinione critica con accusa di incompetenza a chiunque non appartenga alla casta medica;
– utilizzo della scienza per finalità politiche e di propaganda.
È proprio una delle testate online più attive nel campo medico e farmaceutico, che tra l’altro dà ampio spazio a esponenti delle principali case farmaceutiche, ad affermare che “Non c’è stato regime politico che abbia esaltato e idolatrato la medicina come l’ha esaltata e idolatrata il nazismo”, e ad aggiungere: “i biologi appaiono allora come i depositari delle regole di governo e, soprattutto, i medici come gli autentici e unici esecutori di quelle regole, in nome della suprema salute del Volk tedesco”. Una descrizione di allarmante attualità.
Eppure, negli ultimi due anni abbiamo visto un partito invocare apertamente in campagna elettorale l’appoggio alla/della “scienza”, e, nei giorni del coronavirus, stiamo assistendo a quello che un commentatore televisivo (plaudente) ha orgogliosamente descritto come “la prima volta che un governo si affida interamente a dei tecnici per prendere decisioni così rilevanti”. Non è forse un caso, che questo sia anche il primo governo, dal dopoguerra a oggi, a limitare le libertà costituzionali di un intero paese per motivi sanitari.
Ma la “scienza” di cui sono portatori/impositori/censori questi medici, questi politici e queste multinazionali ciclopiche del farmaco, altro non è se non la proiezione di una concezione sociale sterile, materialista, meccanicista e interessata.
Mentre la maggior parte delle preoccupazioni collettive si volge all’ambiente e al futuro del pianeta a causa delle interferenze e dello strapotere umano, non è difficile rivedere in questa medicina tutte le caratteristiche che hanno spinto e stanno spingendo l’umanità sull’orlo del precipizio. Il più grande difetto della società contemporanea, ormai ampiamente conformata al paradigma occidentale/angloamericano, è l’incapacità di rapportarsi a tutto ciò che è “altro da sé” con rispetto ed equilibrio. Le società che si erano conformate e armonizzate con l’ambiente che le ospitava sono state spazzate via da quelle che, invece, hanno fatto della natura un mero strumento per i propri fini, ignorando e infrangendo quegli equilibri che hanno garantito la prosperità di tutte le specie in ogni era terrestre. A tal proposito, è esemplare l’incontro/scontro di civiltà tra europei e nativi americani: i primi, portatori di tecnologia, proprietà privata/appropriazione individuale delle risorse collettive, di armi da guerra e di violentissime malattie. I secondi, fatalmente destinati a soccombere, poiché il loro stile di vita li aveva portati a non proliferare oltre le disponibilità di risorse naturali, a non sottrarre ad alcuna specie l’accesso a quelle stesse risorse, a non contrarre (e quindi non immunizzarsi verso) gravi malattie virali e agenti patogeni, né a realizzare armi abbastanza sofisticate da competere con quelle degli invasori.
Così, questa nostra scienza (medica, in particolare), è ottusa, individualista e compartimentata: ciascuno specialista vede, e comprende, solo “il suo”, poiché il concetto di equilibrio e quello di appartenenza a un sistema non vengono insegnati, né praticati. Chi, trascendendo i paraocchi impostigli dai propri studi, prova ad aprire orizzonti più ampi, viene screditato, additato e “messo al rogo” mediatico: il suo sapere non si tramanderà, e così anche quelli “in buona fede” che studieranno quelle discipline per aiutare il prossimo saranno indottrinati nel “dogma”.
È la medicina sintomatica, che non si interessa di comprendere o risolvere le cause, ma si accontenta di trattare i sintomi, preferibilmente nel modo più remunerativo per chi – ormai – dirige i giochi, cioè le società farmaceutiche multinazionali. Quelle che, negli ultimi decenni, hanno accentrato quasi tutti i marchi che ancora appaiono sul mercato, simulando così un pluralismo che è morto e sepolto da svariati lustri.
Come nei confronti di qualsiasi malattia, questa medicina si rapporta anche a virus e batteri: benchè questi siano parte fondamentale della vita – e della morte che, pure, è garanzia di sopravvivenza delle specie e dell’ecosfera – si conducono vere e proprie “guerre” suicide. Suicide, poiché nell’eterna lotta contro la natura, l’uomo che la avvelena, la “disinfesta” e la sterilizza, non si accorge che, così facendo, interferisce con quei meccanismi basilari su cui si regge il precario equilibrio planetario. In questi tempi di coronavirus, la scienza schizofrenica da un lato ammette l’inutilità degli antibiotici nei confronti di un virus, e, poi, somministra all’80% dei malati… antibiotici! In questo modo si sopprimono le difese immunitarie naturali, additando poi la cattiveria della “natura” ed elogiando l’eroismo e la protezione della “scienza”. Ancora, mentre la strage di individui causata da patogeni antibiotico-resistenti è documentata ovunque, si incentiva l’uso dissennato di strumenti di disinfezione e si cospargono le strade e le città di disinfettanti. Si avvelena l’ambiente, si uccidono animali, insetti e perfino i batteri che sono alla base della vita stessa. Con queste cieche “contromisure” i tecnici dal camice bianco impongono la propria concezione limitata e limitante dell’esistenza, in una banalizzazione dell’essere che si riduce a una sorta di guerra “buoni” contro “cattivi”. I buoni, ovviamente, gli umani, guidati dai camici bianchi. I cattivi – inutile dirlo – tutto ciò che viene dalla natura anziché da un laboratorio farmaceutico.
Ma dov’è la premura verso il genere umano, da parte di questi tecnici/governanti, allorchè la causa di morte è il genere umano stesso? Quanti arresti domiciliari di massa hanno invocato, per salvaguardare quei milioni di morti per inquinamento? Quanti sequestri di cibo spazzatura hanno imposto, tramite la politica che pende dalle loro labbra? Quanto si sono battuti, e si battono, per la salvaguardia dell’ecosistema, che è l’unica, vera, speranza di sopravvivenza collettiva? Perché, insomma, assistiamo a una mobilitazione totale (e totalitaria) per qualche migliaio di malati, mentre i 90.000 morti l’anno per l’inquinamento atmosferico scivolano regolarmente nell’indifferenza collettiva?
Quello che abbiamo intrapreso sembra ormai un vicolo cieco, in cui la consapevolezza collettiva è limitata da informazioni a senso unico, senza alcun diritto di contraddittorio. Ciò che ieri sembrava impossibile è oggi realtà: cittadini spiati attraverso i cellulari nei loro movimenti, una popolazione sana rinchiusa poiché potenzialmente portatrice di virus, libertà fondamentali cancellate con provvedimenti giuridicamente infondati, assunti di notte e continuamente rivisitati e rielaborati mediaticamente, persone che denunciano i vicini rei di aver portato a passeggiare figli piccoli, persone che si litigano il pane nei supermercati, un’economia in caduta libera, la minaccia – già concretizzata dalla Danimarca – dell’obbligo di vaccino per legge. E poi? Non sembra difficile prevedere obblighi vaccinali a cascata, istituzionalizzazione di controlli sanitari e aumento della ghettizzazione ed emarginazione sociale, politica e morale degli individui non allineatisi.
La scienza, senza la morale, il diritto e il confronto, è dogma, dittatura cieca e sorda, che, avendo perduto la capacità di relazionarsi con tutti gli altri “mondi”, e con i propri limiti e i doverosi interrogativi che la dovrebbero caratterizzare per definizione, è assoluto autoreferenziale che può essere portato avanti soltanto per interesse dissimulato, o per ingenua buona fede nell’assolutismo delle proprie convinzioni.
Questa “scienza”, rimasta indifferente e silente di fronte alle vere sfide della salute pubblica e della sopravvivenza dell’umanità, dimentica il senso della vita e del benessere, omette perfino le sue stesse scoperte: per esempio, che stare seduti e inattivi “accorcia” i telomeri e così l’aspettativa di vita e le protezioni naturali dell’organismo. E, così, reclude un popolo intero, mentre si disinteressa anche delle conseguenze della sterilizzazione sistematica e forzata degli ambienti, che ha provocato, provoca e provocherà l’insorgenza e la diffusione di agenti patogeni ancora più letali (che causano solo in Italia 10.000 morti l’anno).
Questa scienza, che si dichiara soddisfatta per aver prolungato la sopravvivenza (e magari la sofferenza) di un corpo, ma resta indifferente alla qualità della vita, risponde a un modello meccanicista e materialista che banalizza l’essere umano, riducendolo esclusivamente al suo corpo e alla sua malattia. Prima, dopo, e “sopra”, niente. In mancanza di una classe politica, di dirigenti competenti e trasparenti, e sfruttando la connivenza di chi sta al vertice e la fiducia di chi sta sotto, si è in balìa di una tecnocrazia, che non ha esitato e non esiterà a trasformare ogni persona fisica in un paziente, in un potenziale untore, in un soggetto da controllare, isolare all’occorrenza, trattare e debellare socialmente. Come ha detto qualcuno, si è ormai su un piano inclinato, che nel prossimo futuro precipiterà fatalmente nel vuoto tutti quelli che vi sono beatamente appoggiati.
Quando ho iniziato a scrivere questo articolo, la spesa pubblica mondiale quotidiana per la sanità ammontava a circa 10.000.000.000 (dieci miliardi) di dollari. Alla fine della stesura, l’esborso ammonta a 11.300.000.000 (undici miliardi e trecento milioni) di dollari. Oltre il triplo di quello relativo alle spese militari. E’ veramente concepibile che attorno alla prima e più imponente fra le spese pubbliche non ci siano eccezionali interessi, alcuni dei quali occulti, e soggetti pronti a “qualsiasi cosa” pur di alimentarli e perseguirli?
A ciascuno la risposta che più preferisce.