LA (NON) MELA DI ADAMO ED EVA, E ALTRE CERTEZZE ILLUSORIE

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La mela è il frutto proibito.

La mela di Adamo ed Eva.

Il serpente disse a Eva di mangiare la mela.

Quante volte abbiamo letto, sentito dire o fatto riferimento alla mela biblica che comportò la cacciata dall’Eden? La risposta esatta è: “Troppe!”. Sì, perché in realtà non c’è scritto da nessuna parte quale fosse il frutto proibito. Cioè, i testi sacri del cristianesimo non lo nominano, e quindi risulta alquanto interessante che – ciononostante – si faccia usualmente riferimento alla mela.

C’è, poi, la questione del Natale: Gesù (dandone per scontata l’esistenza), secondo i testi sacri del cristianesimo di cui sopra, non sarebbe affatto nato il 25 Dicembre. Anzi, a ben vedere i Vangeli non dicono proprio niente circa il giorno di nascita di Gesù, limitandosi ad affermare che tale evento si verificò sotto il regno di Erode il Grande. Soltanto dopo due secoli dalla nascita del cristianesimo si iniziò a parlare di date, e queste erano il 28 agosto, secondo alcuni, o il 20 maggio, secondo altri.

Ma nel IV secolo d.c., in concomitanza con l’elevazione del cristianesimo a religione di stato, la data ufficiale di celebrazione della nascita di Cristo diviene il 25 dicembre, così – con eccezionale casualità – trovandosi a coincidere con la data di celebrazione del Sol Invictus, festa pagana del solstizio d’inverno ormai da tempo adottata ufficialmente nell’impero.

Sicuramente degno di nota è, poi, il caso del “povero” Barabba. Ma chi era Barabba? Un assassino. Più precisamente, l’assassino che venne salvato dalla folla che condannò Gesù. E questo è tutto noto. Eccetto un dettaglio: Barabba non era un assassino. O, perlomeno, non secondo i testi cristiani. Nel Vangelo di Marco (MC 15, 7), si legge infatti che: “Un tale chiamato Barabba si trovava in carcere, insieme ai ribelli che nel tumulto avevano commesso un omicidio”. Naturalmente questo non è il testo reperibile nelle traduzioni ufficiali, ma è sufficiente riportarsi alla versione greca per verificare la verità di quanto sopra, e, per converso, la falsità delle traduzioni vigenti (o almeno di una parte di esse), che giungono a dichiarare – sic et simpliciter – Barabba un assassino.

E che dire del cammello che potrebbe passare attraverso la cruna di un ago con più facilità di un ricco in paradiso? Che in realtà la versione aramaica parlava verosimilmente di “gamta” (gomena, la fune usata per ormeggiare le navi), e non di “gamal” (cammello). Errore agevolato dalla mancanza di vocali nell’aramaico, che dunque rimetteva al lettore/trascrittore l’interpretazione della parola esatta. Ciò per non dire che il greco usa “kamelos” per indicare il cammello e “kamilos” per indicare la gomena.

Non ha avuto sorte migliore, del resto, neppure l’imperatore Nerone, screditato per secoli e millenni dalla storia, per aver indispettito i ricchi, imponendo loro oneri e favorendo le classi inferiori: così gli storici, appartenenti al ceto benestante, ne enfatizzarono i difetti, consegnando ai posteri una figura parodistica e un piromane, cui la storiografia cristiana aggiunse il carico delle persecuzioni religiose come diversivo dalla propria responsabilità per il rogo. Anche queste, naturalmente, false convinzioni perpetuate ai giorni nostri.

Errori, traduzioni approssimative, manipolazioni, distorsioni: finte certezze e un universo di riferimenti culturali del tutto approssimato e illusorio.

Fatti o pensieri che oggi, a distanza di 2000 anni, sono pressochè irrilevanti, ma che dimostrano il pressapochismo culturale della nostra società, che ignora presumendo di sapere, o sceglie di non sapere in nome di una ingannevole ma rassicurante certezza.

Accade così che ci si proclami “credenti”, senza in effetti spesso sapere neppure in cosa o in chi.

Ovviamente non si tratta di una questione limitata alla religione: è la maggior parte delle nostre certezze ad essere tralatizia, soltanto che pochi o nessuno decidono di approfondirne l’origine o appurarne la fondatezza.

La questione è ancora più importante per gli esponenti delle società occidentali, che sono le “vincitrici” dei conflitti, ed è noto che a scrivere la storia siano i vincitori. Dunque è assai più probabile che le verità che diamo per scontate siano fallaci, anziché no.

Ma la verità è un fatto complicato, poiché rende liberi e la libertà è un problema per chi governa, che vede sfumare il proprio potere di controllo, ed altresì per chi è governato, che è costretto a farsi carico di un cambiamento e di tutte le responsabilità che derivano dall’agire in modo critico e attivamente, anziché rimettersi a comandamenti eteroimposti, magari invisi, ma pur sempre comodi.