L’EQUIVOCO DELLE VITE PASSATE

passato presente futuro

Quando si parla di reincarnazione, uno dei temi più ricorrenti è il concetto di “evoluzione” dell’anima secondo la linearità spaziotemporale che ci è nota. Qualcuno dichiara “la mia è un’anima antica”, o si duole “chissà cosa ho fatto in una vita passata!”. Siamo convinti che il passato influenzi il presente, e il presente, a sua volta, il futuro. Ma questo non è coerente con l’osservazione sperimentale, che ci mostra la possibilità di accedere indistintamente alle vite “passate”, come a quelle “future”.

Occorre dunque precisare che “passato” e “futuro” contraddistinguono qualcosa che esiste limitatamente alla dimensione fisica: fuori di essa non sono più veri di quanto potrebbe esserlo per noi un cartone animato.

Andiamo con ordine: se è vero, come in effetti risulta dalle constatazioni che può sperimentare chiunque si occupi della materia, che si possono vedere tanto le vite passate quanto quelle future, allora è evidente che esse si trovino tutte sullo stesso piano. In realtà ciò che comunemente viene definito come ipnosi regressiva non è altro se non un metodo per concentrare l’attenzione in modo selettivo, così focalizzando la coscienza su “qui e ora” differenti. Volendo fare un’affermazione d’effetto si potrebbe affermare che passato, presente e futuro sono sempre, e dunque non sono mai.

Se il tempo non esiste, come fa ad esistere qualcosa come un’anima più antica, oppure un’evoluzione dell’anima attraverso il tempo terrestre? Pensare dunque che l’anima possa evolvere con il trascorrere del tempo sarebbe come credere che sia possibile ripararsi dalla pioggia battente utilizzando la parola ombrello scritta su un giornale: la rappresentazione (grafica o fonetica, per esempio) di un ente non equivale all’ente stesso. Che io scriva “John ha salvato Jane da un incendio”, oppure che John abbia salvato davvero Jane da un incendio sono due cose totalmente diverse: la prima potrebbe rappresentare la seconda, oppure un semplice esercizio di fantasia, oppure ancora l’opposto della verità. Nella misura in cui la percezione dell’osservatore risulti limitata all’esperienza indiretta, la descrizione rappresenterà l’universo della sua conoscenza dell’evento, cosicché questi potrà convincersi di qualsiasi cosa, anche nel caso in cui le due realtà (apparente/descrittiva e sostanziale/effettiva) divergano completamente.

Dopo questo chiarimento preliminare è facile concludere che il concetto di evoluzione animica proiettato sulla scala temporale fisica è del tutto erroneo e fuorviante: non può esserci un’evoluzione su base temporale se il tempo non esiste. Sarà, semmai, l’insieme anima + corpo (quindi mente) a poter manifestare tratti di maggiore o minore consapevolezza rispetto ad altri insiemi anima + corpo.

A questo punto occorre sfatare un altro luogo comune: i cosiddetti traumi, o retaggi, karmici, non derivano esclusivamente da vite “passate”, ma possono derivare allo stesso modo da vite “future”. In altri termini c’è una concatenazione ininterrotta tra quelli che definiamo come piani temporali distinti, e che determina una reciproca interazione.

La nostra mentalità temporale (in contrapposizione a quella animica, atemporale) ci suggerisce che soltanto ciò che si trova nel passato possa avere influenzato in qualche modo il presente. Anche in questo caso, dopo aver compreso quanto effimere siano queste classificazioni, non c’è più motivo per credere che il passato possa influenzare il presente e il futuro no.

Un’altra conseguenza dell’illusorietà del tempo, forse meno ovvia ma ancora più carica di significato, è che, svolgendosi tutte le esperienze nello stesso istante percettivo dal punto di vista dell’anima, il fluire e il divenire di ognuna di esse influenza costantemente tutte le altre.

Insomma, il presente può modificare il passato ed essere modificato dal futuro: questo è il corollario fondamentale che discende dalla consapevolezza che il tempo non esiste, e che pertanto sul piano reale (quello dell’anima) tutto si trova insieme e unito. Questo concetto si può comprendere con estrema semplicità: basterà osservare un mappamondo con le innumerevoli linee che definiscono i confini politici. Benché noi ci comportiamo come se quelle linee esistessero veramente, e concepiamo come differenti popoli e regioni in base ad esse, non è realmente così: soltanto noi, con la nostra osservanza, le rendiamo effettive, ma né le nuvole, né la pioggia, né il sole, né le montagne o i terremoti o le alluvioni si curano di quei tratti virtuali che noi abbiamo scritto sulla carta. Allo stesso modo, il solo fatto di credere che esista una linea temporale con tre enti distinti (passato, presente e futuro) non fa sì che essa esista realmente.

In conclusione, dovremmo iniziare ad assumere una prospettiva meno terrena e più aperta a ciò che definiamo karma, iniziando a svincolarlo e a purificarlo da quegli equivoci tipici della realtà fisica e fenomenica e adottando una prospettiva maggiormente consapevole.