Quando mi è stato regalato ero restio ad accettarlo, poiché aveva troppo valore. Era perfetto: esattamente come l’avrei scelto io. Ma troppo di valore. Difficile accettare doni simili, per me.
Non ero abituato a doni simili, e mi ero sempre accontentato di molto meno.
Dal momento in cui l’ho indossato ho avuto chiara e netta la sensazione che fosse “quello giusto”. Il migliore per me, insomma. Certo, non il più costoso o il meno costoso, né il più tecnologico o il meno tecnologico, il più piccolo o grande, pesante o leggero… Era semplicemente “lui”.
L’orologio giusto lo riconosci al primo tocco. Magari lo vedi in fotografia e ti sembra come tanti altri, ma quando lo sfiori e lo vivi ti accorgi che non c’è niente da spiegare: è “lui” e basta.
Prima ne avevo avuti tanti altri, e mi era capitato anche di affezionartici molto, ma poi avevo sperimentato quello e subito mi era stato evidente che mi ero solo accontentato fino a poco prima.
A quel punto però è subentrata la paura: quanto sarebbe stato affidabile quell’orologio? In fondo non l’avevo avuto abbastanza per immaginarlo, e poi in fondo un marchio un po’ troppo giovane. Sarebbe durato nel tempo? Avrebbe potuto sopravvivere all’entusiasmo iniziale?
Un orologio come un altro lo prendi, lo indossi, e se poi ti lascia per strada… lo cambi. Nessun problema. Ma quando trovi l’orologio della tua vita, poi ti fai delle domande perché poi ti ci affezioni, e non vorresti affezionarti a qualcosa con cui condividerai ogni momento della tua vita futura, sapendo che un giorno ti potrà lasciare…
Ma poi era così bello e perfetto che alla fine non ho potuto più toglierlo, e mi sono rassicurato vedendo che, giorno dopo giorno, era sempre lì come il primo giorno. Forte e saldo.
Soltanto, con gli anni, si sono visti i primi graffi qua e là. Niente di grave, però. Nulla da temere. Poi, un bel giorno, mi sono accorto che doveva essere entrata dell’acqua: evidentemente non era più a tenuta stagna. È stata la prima volta in cui ho temuto di perderlo. Mi resi conto che fino a quel momento, pur sapendo perfettamente che era il migliore orologio che avessi mai avuto, e quello perfetto per me, il solo fatto di trovarlo lì ogni giorno mi aveva abituato a darlo per scontato e quindi a non usare nei suoi confronti le cure che avevo avuto per altri, che magari avevano assai minor valore. Ecco, forse proprio la mia mancanza di cure determinò quella falla.
E cosa avreste fatto, voi, di fronte a ciò? L’avreste forse buttato? Decisamente impossibile, e poi per così poco! Più probabilmente l’avreste riparato. Ma non è così che agii io. Pensai che tenendolo un po’ al sole, quasi come una vacanza, forse si sarebbe asciugato e non sarebbe più entrata acqua. E l’acqua non sembrò andare via, però tutto continuava a funzionare a dovere, e io pensai che non fosse poi proprio necessario intervenire. E intanto l’orologio scandì tantissime altre ore, la maggior parte delle quali fu assai lieta. Solo, in qualche occasione, compariva la condensa sul vetro e a quel punto l’ora si faceva confusa, difficile da leggere. Ma, presto o tardi, sapevo che sarebbe sparita e tutto sarebbe tornato a posto. Accadeva sempre.
Il fatto è che, vedete, mentre gli altri orologi erano sembrati sin da subito più fragili e bisognosi di attenzioni, questo era parso assai robusto e affidabile, tanto da finire per trattarlo senza i dovuti riguardi, e, anzi, da stupirmi quando mi accorsi che qualcosa non andasse.
Insomma, dopo qualche tempo, tutto tornò a posto. L’acqua non si vedeva più e sembrava quindi sparita. Solo che, un giorno, mi accorsi che sul vetro non c’erano più soltanto graffi, ma addirittura una scheggiatura. Fu la prima volta in cui realizzai che quell’orologio avrebbe potuto non accompagnarmi per sempre.
A questo punto c’era da prendere una decisione: sostituirlo, oppure tenerlo, pur sapendo che forse non si sarebbe potuto neppure riparare e che, quindi, avrei dovuto tenermelo con i difetti e i problemi che nel tempo erano emersi.
La scelta, a dire il vero, è stata quasi immediata: tenerlo. Potrei dirvi che ci ero troppo legato e affezionato per separarmene, ma sarebbe solo una parte di verità. Quella “vera” è che se trovi l’orologio perfetto non ha senso toglierlo e cercarne un altro.
Non mi vergogno a confidarvi di aver anche guardato altri orologi. C’era quello che sognavo da ragazzino, credendo sarei stato il primo umano su Marte. Poi c’era quello un po’ più grande, un po’ più piccolo, un po’ più leggero, un po’ più pesante… Ma a tutti mancava qualcosa. E poi, belli da vedere moltissimi, ma altrettanto perfetti nell’essenza, assai meno. Anzi, nessuno. Ecco, dunque, perché fu tanto semplice la scelta.
Solo che poi un giorno mi accorsi di un fatto tremendo: l’ora non era più quella giusta.
Lì per lì pensai che fosse l’umidità. Provai ad asciugarlo: niente panico – mi dissi – tornerà tutto a posto. Non c’era un motivo particolare, per il quale ne fossi convinto. Potremmo definirla fiducia, o abitudine: fino ad allora non mi aveva mai tradito. Perché avrebbe dovuto farlo adesso?
Dopo aver asciugato e asciugato e scaldato e scaldato, però, nulla tornò a posto. Mentirei se vi dicessi che – a quel punto – non le abbia provate tutte. Sole, vento, apertura/chiusura ghiera, pressione bottoni, inclinazioni, movimento, colpetti. Niente.
Difficile dire, oggi, se la colpa sia stata mia, per aver riservato troppe poche cure, oppure se quelle paure originarie non fossero fondate, e che, vuoi per l’età (del marchio), vuoi per la sua foggia generale, quella perfezione e quell’affidabilità non fossero soltanto apparenze. E, qualora fossero state apparenze, poi, difficile stabilire se si fosse trattato di veri e propri artifizi preordinati a carpire la fiducia per determinare la scelta, o meno.
Certo è che, alla fine, ho sperimentato delusione. Per me, per non aver avuto le accortezze necessarie. Per l’orologio, che sembrava dover durare per sempre, e invece alla fine non è durato neppure abbastanza da vedere i miei figli. Ma, soprattutto, delusione per l’impossibilità di rimetterlo a posto. È indescrivibile il senso di impotenza che provi quando credi strenuamente in qualcosa, ma, nonostante tutte le risorse che vi dedichi, non c’è modo di realizzarlo o di ripararlo.
Il problema è che, dopo aver portato quello così tanto, e con tale orgoglio, con qualsiasi altro il tuo polso non può che sentirsi fuori posto, o con l’orologio sbagliato. Prima ti sembrava che tutto andasse bene. Anche quando non era così, bastava guardare quel gioiello per lustrarsi gli occhi e convincersi che qualsiasi ora avesse scandito sarebbe stata migliore di quella che l’aveva preceduta. E forse era proprio così – realizzi dopo averlo smesso – perchè da allora in poi tutte – ma proprio tutte – le ore, non importa cosa le scandisse, apparivano peggiori di quelle passate.
C’erano stati orologi che mi avevano rubato, altri che si erano guastati, altri che semplicemente non facevano per me. Perderli o dismetterli non era stato poi così grave. Certo, quando ti viene sottratto qualcosa che prima avevi devi abituarti. Ma, in questo caso, purtroppo, ci avevo creduto. Ci avevo sperato. Avevo pensato che sarebbe rimasto con me, per scandire sempre le ore migliori della mia vita.
Invece ora è solo un orologio rotto. E tutte le ore migliori le ha già scandite.