DIALOGO SULL’AMORE

E. Dimmi, dunque, o Altar, che cos’è questo amore di cui la specie umana tanto parla, per cui tanto lotta, soffre, spasima, scrive, disserta, inventa musica, poesia, e ogni altro genere di fantasia e creazione cui dà il nome di arte?

A. O Enar, porgi a me la domanda forse più difficile che il genere umano si sia mai posto. A me, che di quel genere neppure faccio parte, se non come spettatore curioso e forse anche attento, ma pur sempre spettatore.

E. Proprio questo, caro Altar, ti rende forse in grado di rispondere meglio di quanto potrebbe uno di quelli che dell’amore sia un attore, così partecipe della propria parte, da non saperne prendere le distanze quel tanto che basta per poterla comprendere davvero. Ma se anche dovessi fallire, oppure la tua descrizione non fosse sufficientemente accurata, sono ugualmente convinto che potrei interrogare 10 oppure 100 o anche 1000 umani differenti, ottenendo da ciascuno di loro un racconto differente di cosa sia l’amore. Ti prego, non indugiare e soddisfa la mia curiosità.

A. E così sia. Ti dirò dell’amore ciò che ho potuto apprendere, ma sappi fin d’ora che è molto più semplice affermare cosa l’amore non sia, anziché cosa sia.

E. Spiegami, o Altar, cosa significa questa definizione al contrario di cui parli?

A. Ebbene, Enar, potrei elencare infinite prerogative di quello che i nostri umani chiamano amore, ma forse di nessuna potrei dire con certezza che la ritroverai effettivamente in quel sentimento, oppure nelle azioni che ad esso vengono ricondotte. Ti basti sapere che in nome dell’amore si è ucciso, così come si è data la propria vita, al pari di tutto quello che sta nel mezzo tra questi due estremi così distanti tra loro.

E. Chi mai potrebbe aver confuso a tal punto quel sentimento, da arrivare a togliere la vita in nome suo?

A. Tu vedi tanta distanza tra chi priva della vita altri in nome dell’amore, e chi, invece, nello stesso nome, sacrifica la propria per gli altri; eppure, se ci pensi, forse non è poi così tanta la differenza nell’animo di chi ha scelto l’una e l’altra azione: forse entrambi erano mossi semplicemente dalla paura. Ecco, la paura di perdere chi si ama è senza dubbio una costante che chiunque affermi di aver mai amato potrà riferire. Ma dovremmo dunque chiamare questo amore, oppure egoismo, oppure paura?

E. Dunque ritieni che si possa uccidere per amore?

A. No, al contrario: ritengo una tale decisione uno dei pochi indici certi che chi l’ha maturata non conosca affatto il significato di questa parola, al pari di molti altri comportamenti che spesso ho sentito ricondurre a quel sentimento, ma che con esso – se lo chiedi a me – nulla hanno a che fare.

E. Ti prego, continua, e dimmi quali altri sarebbero questi comportamenti di cui parli, che così spesso gli umani confonderebbero con l’amore.

A. Ti ringrazio: finalmente una domanda cui penso di poter fornire una risposta soddisfacente. La prima cosa che ti colpirà osservando questi umani dissertare dell’amore sarà la sua natura fortemente selettiva: esso riguarda, infatti, le persone che per nascita o condivisione di vita sono più prossime, oppure ancora quelle che per un motivo o per l’altro appaiono più simili. Così, potrai osservare quasi senza eccezioni, che oggetto di amore siano quelli nati dagli stessi genitori, oppure appartenenti a quel gruppo chiamato famiglia, e poi a seguire quelli che per un motivo o per un altro sono considerati affini: il colore della pelle, la provenienza geografica, le opinioni, perfino scelte individuali quali preferenze per governanti o per ideali o per i feticci che le rappresentano e che vanno sotto il nome di bandiere.

E. Ma come si può a tal punto equivocare il concetto di amore, da equipararlo a ciò che in realtà è semplice somiglianza, da cui può forse scaturire simpatia? È dunque a questo che sono state dedicate così tante opere dell’umanità?

A. In parte è proprio così, ma devo dirti che la maggior parte di esse riguardava piuttosto quel genere di amore che gli umani considerano esclusivo, e che li lega a un’altra persona soltanto. Anche in questo caso, però, ho potuto osservare molte contraddizioni.

E. Ti prego, non risparmiare le parole nell’elencarmele.

A. Tutte le parole che conosciamo potrebbero non essere sufficienti, ma proverò ugualmente a descriverti alcuni esempi di contraddizioni attorno all’amore romantico, come questa particolare fattispecie viene generalmente definita. Ci sono almeno tre confusioni grossolane, o equivoci:

1) il possesso,

2) il bisogno,

3) l’emulazione.

Molti, pare, considerano la persona che dicono di amare come una sorta di oggetto, soltanto un po’ più speciale di altri di cui si circondano. Identificano l’amore esclusivamente o principalmente in base alla quantità di controllo che possono esercitare sulla vita e sulle scelte altrui. Allo stesso modo costoro possono sentirsi non amati se il loro partner non manifesta altrettante aspirazioni, come per esempio gelosia morbosa o ingerenza nelle scelte più elementari. È frequente che tutte queste circostanze vengano descritte come amore da chi le vive.

Oltre al possesso, uno degli equivoci più comuni riguardanti l’amore è il bisogno. Ti sarà facile sentire questa parola espressa in molte delle opere che sono state dedicate a questo tanto dibattuto sentimento: spesso, infatti, i proclami d’amore iniziano o finiscono con l’espressione “ho bisogno di te”. Eppure vedi bene che nell’espressione stessa risiede la dimostrazione che non si tratta di null’altro, se non appagamento di uno stimolo irrefrenabile, non dissimile da quello che viene definito dipendenza.

Infine, nell’innumerevole varietà di forme ed espressioni che rappresentano questo concetto, non faticherai ad accorgerti dei diversi gradi di leggerezza o di serietà con cui ciascuno si esprime: c’è chi pondera ed esterna soltanto dopo un’accurata analisi dei propri sentimenti, legandosi nel profondo a pochi altri, e c’è chi, invece, sembra parlare di amore soltanto perché così si usa e così ha visto fare intorno a sé. Ho avuto modo di conoscere tanti amanti dell’amore solo per abitudine, per averlo visto al cinema oppure letto in un libro, per invidia dei propri simili o semplicemente per aderire a un meccanismo sul quale sembra basata la naturalità del sistema cui appartiene.

E. O Altar, ma ciò di cui parli è ben più che semplice confusione: come può qualcuno, perfino in base alla semplice e riduttiva definizione di amore cui egli stesso è avvezzo, considerare tale il desiderio di possedere un altro essere umano, o l’incapacità di rinunciarvi come un qualsiasi capriccio, oppure ancora l’imitazione di chi gli sta intorno o di un modello diffuso? Per quanto il nostro percorso di evoluzione sia differente dal loro, stento a credere che così tanto i nostri antenati abbiano potuto equivocare, come sembra facciano quelli che mi stai descrivendo. Anzi, posso sicuramente affermare che mai la nostra civiltà abbia così tanto distorto il concetto di cui gli umani di questo tempo, con la loro idea di amore, non hanno che un barlume: poco più di una scintilla. A sentire te, verrebbe da pensare che in questa ardua ricerca, non soltanto la luce sia ancora lontana, ma addirittura che si possa scivolare ancora più nelle tenebre.

amore foresta

A. Infatti è così: ogni volta che si provoca una sofferenza deliberatamente, che si strumentalizza, che si prevarica, che ci si sente legittimati a disporre di chi non si ama per favorire chi si ama, quella luce sembra affievolirsi e così la speranza di trovare il vero significato di quel concetto.

E. Eppure dovrà esserci una speranza: qualcuno che sia stato capace di trascendere le pulsioni più immanenti, il desiderio di emulazione e tutte quelle condizioni e restrizioni di cui mi parlavi, fino ad abbracciare qualcosa di più ampio.

A. Ci sono molte ragioni per cui il concetto umano di amore può non essere realmente incondizionato, e perciò amore vero: dall’educazione alla competizione, dal nutrimento dell’ego e delle ambizioni individuali a scapito di quelle altrui o della collettività, alla coltivazione delle differenze come fattori discriminanti. Insomma, come potrebbe qualcuno che conosce il vero significato di amore, gioire per la morte altrui? Eppure ciò è un fatto naturale tra gli umani, e, anzi, quanto più si sentono legati a qualcuno, tanto più facilmente agognano la sofferenza o la morte di chi ha provocato mali a quel qualcuno.

E. Certo, se questi individui che descrivi sono così inclini ad assecondare il proprio piacere e a difenderlo con tanta dedizione, non può sorprendere che coltivino tanto desiderio di vendetta per quelli che considerano aggressori dei loro amati: in fondo, così facendo, si limitano a reagire non certamente in modo disinteressato, ma semplicemente a ferire per non essere feriti a loro volta. Sarebbe dunque questo il loro concetto di amore? Coltivare ciò che li appaga e combattere ciò che li infastidisce?

A. Purtroppo temo che tu abbia compreso esattamente il principale equivoco che impedisce agli umani di evolvere nella consapevolezza di cosa sia realmente l’amore. Non di rado ti capiterà di sentir parlare di amore e odio come di due facce della stessa medaglia, oppure ancora di osservare come due persone, che si sono promesse amore per poco o tanto tempo, possano poi detestarsi, combattersi, e procurarsi reciprocamente male.

E. O Altar, a questo punto permettimi di esprimere un dubbio sulla correttezza di quanto stai raccontando: posso comprendere le mille contraddizioni e i molti equivoci di questa specie, ma se fosse vero che anche solo uno di loro abbia mai potuto voler cagionare del male a qualcuno che in precedenza aveva affermato di amare, allora a tutti gli altri dovrebbe essere chiaro che amore non può tramutarsi in odio, e anzi, non può tramutarsi affatto.

A. Vedi, Enar, se fossero capaci di realizzare quanto tu hai descritto, avrebbero già compreso la natura incondizionata e incondizionabile dell’amore: saprebbero, cioè, che esso non è dare qualcosa per riceverne, neppure per appagamento. Allo stesso modo saprebbero che, se quel sentimento fosse puro, così come non inizierebbe perché ricambiato, neppure finirebbe allorché non ricambiato. Amerebbero così chi gli vuole male, come chi gli vuole bene, e altrettanto quelli che non condividono il loro pensiero, quanto quelli che lo condividono. Avrebbero, insomma, inteso che l’amore non inizia e non finisce, bensì semplicemente è.

E. Ma tu hai detto che questi umani, pur con tutti i loro limiti, sono capaci di comprendere la natura astratta e immateriale dell’amore: come possono, dunque, attribuirgli confini nello spazio o nel tempo, che per natura e definizione riguardano soltanto ciò che è materiale?

A. Penso di non avere più molto da insegnarti sulla concezione dell’amore di questa specie, poiché ora tu stesso hai descritto a me uno dei più grandi paradossi che la caratterizzano. I capricci vanno e vengono, al pari dell’utilità o dell’appagamento: tutto questo, che è effimero, va spesso sotto il nome di amore. Ed è proprio questo che, venuto meno il piacere, l’utilità o il contraccambio, lascia spazio a quell’altra faccia della medaglia. Sennonché amore non ha altre facce che amore, proprio come odio è sempre odio. Del resto, benché si possa travestire da amore, il desiderio di possedere o utilizzare altri è pur sempre caratteristica tipica dell’odio, poiché si sacrifica il loro bene a favore del proprio.

E. Eppure gli umani fanno un gran parlare di amore, specie in quei gesti disinteressati che vedono il sacrificio di uno a favore di quelli che ama.

A. Se guarderai più da vicino, o Enar, potrai vedere che perfino in quei gesti c’è dell’interesse: chi sacrifica se stesso per non veder soffrire qualcuno a cui tiene, è perché sa che così facendo eviterà la propria sofferenza. Potrai averne facilmente prova ragionando al contrario: quanti sacrificherebbero se stessi per risparmiare il dolore di qualcuno al quale non sono legati? Ecco, quanti sarebbero capaci di sopportare un male per prevenirlo ad altri, a prescindere da che questi li consideri amici oppure nemici, che gli diano amore o indifferenza o perfino odio? Sicuramente tra loro, se mai ce ne fossero, potrai trovare quelli più vicini a comprendere il vero significato di amore.

E. Quindi tu mi stai dicendo che per gli umani amare significa in verità discriminare, usare altri individui per appagare i propri bisogni, e addirittura giustificare in questo modo atti violenti, ritorsivi o perfino l’odio. Non vedono, forse, l’impossibilità di conciliare cose tra loro così differenti e addirittura opposte? Possibile che nessuno abbia saputo sottrarre l’amore ai vincoli dello spazio, del tempo e dell’egoismo?

A. Non fraintendermi: mentirei se affermarsi che nessuno ha provato a trascendere i limiti che descrivi. Neppure, però, potrei dirti con certezza che qualcuno ci sia riuscito. Vedi bene che rispetto e amore, nella loro accezione più pura (e in questo senso assai lontana da quella in uso tra gli umani), non possono essere separati. Entrambi possono essere soltanto incondizionati, oppure non essere affatto. Ciononostante, perfino molti di quelli che si sono impegnati a ricercare il senso più profondo dell’amore hanno spesso finito per coltivare loro stessi discriminazioni, per esempio chiamando un essere “persona”, un altro “non persona”, e considerando quest’ultimo come uno strumento. Hanno anche deciso, spesso, di escludere dall’amore (e quindi dal rispetto) quelli che ai loro occhi sembravano diversi, magari perché fatti di legno e foglie, oppure di minerali, anziché di carne e ossa. Per esempio, hanno considerato chi respira più importante di chi non lo fa, arrogandosi di disporre di quest’ultimo. Mi è difficile pensare a qualcuno in particolare che sia stato capace di abbracciare realmente e di comprendere appieno la comunanza di tutte le cose, così da realizzare che, così amore, come rispetto, non possono essere selettivi o condizionati, e certo non possono avere alcuna correlazione con il piacere o il benessere che si ricava da qualcosa.

E. Ti ringrazio per aver condiviso con me le tue osservazioni e i tuoi pensieri. Permettimi di chiederti ancora una cosa: pensi che ci sia alcuna possibilità che questa specie realizzi il significato ultimo di quello che chiama amore?

A. Potrà sembrarti difficile da credere, dato ciò che ti ho appena descritto, ma in verità tutto ciò rappresenta l’esperienza necessaria per acquisire consapevolezza. Se è vero che gli umani, a proposito dell’amore, sembrano oggi agitarsi come per trovare un sentiero in mezzo alla foresta nel buio di una notte senza luna nè stelle, è pur vero che dai loro sbagli nascerà il seme della consapevolezza. In fondo anche noi siamo stati come loro, e se non proprio così, senza dubbio ci siamo perduti molte volte, e soltanto dopo aver percorso i sentieri sbagliati abbiamo potuto trovare quello giusto.

E. Vorrei condividere il tuo pensiero, e ne ho tanta stima da ritenere che non possa essere infondato; tuttavia mi domando quanti dei loro anni saranno necessari affinché questa ricerca dia i suoi frutti.

A. Questo, in tutta onestà, non saprei dirlo: dovranno ancora fare molte esperienze, probabilmente ancora più complesse di quelle passate. Quante ne occorreranno, e quanto del loro tempo ciò richiederà, non è dato saperlo a noi che siamo semplici osservatori: il destino degli attori di questo spettacolo è interamente nelle loro mani, e comprenderlo forse sarà già la svolta necessaria.

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