Tutto si trasforma, tutto è circolare: nulla inizia, nulla finisce, nulla esiste indipendentemente da tutto.
La ruota dell’Eusebismo rappresenta visivamente il tutto, esprimendo le caratteristiche universali e innate che accomunano ogni cosa: l’infinitamente piccolo come l’infinitamente grande, il visibile come l’invisibile.
Al centro l’Uno, cioè quel principio che filosofi come Empedocle avevano già individuato millenni fa nell’origine del cosmo, come quell’unità da cui tutto proviene e cui tutto fa ritorno: la disgregazione, simboleggiata dai raggi che si dipartono dal centro, porta all’apparente divisione, per cui ciascuna entità ritiene di essere distinta dalle altre, ma continua – in vero – ad appartenere al medesimo sistema, rappresentato dalla circonferenza .
Come ogni filosofia l’Eusebismo non nasce da e non prende in considerazione alcuna credenza, ma si fonda sull’osservazione e sull’interpretazione, scevre da ogni soggettivismo, compresi quelli derivanti dalla contestualizzazione dell’osservatore per specie, sesso, età, provenienza, inclinazione, abitudine, estrazione sociale, livello tecnologico ed epoca di appartenenza.
Tutti i concetti dell’Eusebismo possono essere indifferentemente riferiti ai diversi livelli di osservazione della realtà: dal punto di vista materialista e meramente scientifico tutto ciò che esiste interagisce ed è lo stesso primo principio della termodinamica che sancisce la circolarità nella trasformazione della materia (nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma). Dalla singola cellula alle stelle, tutto presuppone l’equilibrio tra forze contrapposte e la consapevolezza che ogni azione deliberata da esseri senzienti implica ricadute su tutti gli altri elementi del sistema cui essi appartengono.
Dal punto di vista trascendentale – cioè di chi, non ritenendo che la realtà sia limitata a quella che egli è in grado di percepire, ravvisa l’esistenza di elementi che trascendono da essa – l’Eusebismo e il suo simbolo mantengono intatta la medesima rappresentazione dell’esistenza, arricchita in questo caso di ulteriori dimensioni d’interpretazione.
L’elemento unificante dell’Eusebismo è il rispetto assoluto e incondizionato nei confronti di tutto ciò che esiste e che, tanto da una prospettiva materiale, quanto da una trascendentale, rappresenta l’unica certezza possibile per fondare i rapporti con se stessi e con tutto ciò che è altro da sè, alla ricerca del massimo miglioramento possibile e della massimizzazione globale del benessere.
Umanismo, animalismo e ambientalismo rappresentano correnti filosofiche che, per quanto utili o innovative, restano confinate nell’ambito di limitazioni oggettive, ponendo ciascuna al proprio centro singoli elementi e, quindi, precludendosi automaticamente la referenzialità rispetto a tutti gli altri.
L’Eusebismo incorpora queste prospettive e le assimila nell’ambito di una teoria generale onnicomprensiva che, riconoscendo e valorizzando le differenze e le diversità, rifiuta qualsiasi discriminazione basata su di esse.
L’inversione di prospettiva dell’Eusebismo si esprime nella domanda: “Per quale motivo dovrei negare il rispetto?“, al contrario dell’approccio classico che, partendo da tesi preconcette, ricerca prove e dimostrazioni per riconoscere diritti e rispetto.
L’ETIMOLOGIA:
Nell’antica Grecia era stato coniato il termine εὐσέβεια per definire un senso di rispetto di eccezionale ampiezza, come attestato dai due vocaboli che lo compongono, cioè “ευ” (buono, bene) e “σέβομαι” (rispettare, venerare).
Nell’accezione arcaica il termine designava il sentimento di rispetto più ampio nei rapporti con gli altri, non soltanto umani: si identificava in questo modo la predisposizione interiore ad accogliere l’altro e riconoscergli quanto dovuto.
Agire secondo eusebeia significava rispettare i propri doveri, le altre forme di vita e le divinità[1]; questo vocabolo era anche stato adoperato per indicare il concetto di dharma nella traduzione greca degli Editti del 250 a.c. dell’imperatore indiano Ashoka: ad entrambe le definizioni sono ascrivibili condotte quali la buona fede, la moderazione, il rispetto per ogni forma di vita, la generosità e la compassione[2].
Nel corso della storia il termine eusebeia è andato identificandosi sempre più con sfumature legate al rapporto con la divinità, sia nei culti pagani che in quelli cristiani, perdendo la maggior parte delle sfumature e dell’ampiezza del significato originario, che racchiudeva in sé l’intero precetto del vivere armoniosamente e rispettosamente.
Oggi con “Eusebismo” ho voluto creare un pensiero che pone a suo fondamento il rispetto incondizionato e aprioristico verso qualsiasi cosa.